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http://27esimaora.corriere.it/articolo/un-nuova-battaglia-per-barbra-la-parita-per-le-donne-ortodosse-di-israele/19
La Streisand a Gerusalemme dopo 30 anni. Osannata e laureata ad honorem critica le discriminazioni degli haredim
Un nuova battaglia per Barbra: la parità per le donne ortodosse di Israele
di Cecilia Zecchinelli
Tags: battaglie, diritti umani, discriminazioni, tradizioni
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Ve la ricordate nel ruolo della tostissima (ma dolce) Katie Morosky, pacifista Usa anni 70, ebrea marxista innamorata di Redford in Come eravamo? E in quello della protagonista di Yentl, figlia di un rabbino polacco oltre un secolo fa, che si traveste da maschio per essere libera? Molto tempo è passato ma Barbra Streisand, ragazza 71enne di Brooklyn figlia di ebrei immigrati dall’Europa dell’Est, tiene ancora alta la sua fama di “liberal” senza paura. Tornata finalmente in Israele dopo 30 anni, qui è stata accolta come la Diva per eccellenza, osannata e strapagata per i suoi due concerti. Dall’arrivo all’aeroporto con cagnolino in braccio, alle celebrazioni per i 90 anni del presidente Peres a cui ha concesso (fino all’ultimo non era certa) due canzoni scelte da lui, la star americana ha mostrato di essere forse la più amata nello Stato ebraico, ricambiata per altro.
Ma mentre riceveva la laurea ad honorem alla Hebrew University di Gerusalemme, dopo i ringraziamenti e le lodi, non si è fatta problemi: ha protestato duramente contro le discriminazioni subite da molte ebree. «È sconfortante leggere di donne che in Israele sono costrette a sedersi in autobus sui sedili in fondo o sono colpite con sedie di metallo quando vogliono pregare pacificamente e legalmente. O ancora di donne che non possono cantare nelle cerimonie pubbliche», ha detto la star, convinta sostenitrice del partito Democratico in Usa.
Le parole di Barbra si riferiscono chiaramente agli ultraortodossi, gli “haredim” ovvero “coloro che tremano per il timore di Dio”, che respingono ogni modernità e continuano a vivere come nell’Europa dell’Est a fine Ottocento, e che qui a Gerusalemme hanno ormai la loro roccaforte, lontana anni luce dalla laica, liberal e gaudente Tel Aviv. Non solo in zone remote ma perfino nel centro della città santa gli haredim, ormai un terzo degli abitanti, impongono marciapiedi separati, bus “segregati”, rifiutano con violenza che le donne preghino al Muro del Pianto con i paramenti sacri che i rabbini ultraortodossi limitano agli uomini ma che molti ebrei “emancipati” accettano per i due sessi. E poi quell’accusa sul canto: fu proprio alla Yeshiva di Brooklyn, la scuola rabbinica del suo quartiere, che la Streisand debuttò come cantante a sette anni.
Per le migliaia di donne haredim d’Israele invece il canto è un peccato, così come mostrare capelli, braccia e gambe, mentre non lo è – ad esempio – lavorare, visto che la stragrande maggioranza dei loro uomini si dedica solo alla preghiera e i sussidi pubblici spesso non bastano.
La condizione delle donne ultraortodosse non è un mistero per chi vive qui o conosce Israele, dove leggi e attivisti tentano (con poco successo) di migliorare la loro situazione. Ma quell’attacco in pubblico dalla Diva americana a molti non è piaciuto in Israele, che l’hanno accusata di esagerare, di generalizzare o di criticare il Paese sbagliato («Vai a Damasco, Babsie», l’ha invitata un israeliano su un sito).
Lei, la Diva, non ha risposto ma certo non si sarà scomposta. Non è certo la prima volta che le sue prese di posizione le creano problemi: nel lontano 1971 finì perfino sulla lista nera degli artisti americani “di sinistra” stilata dal presidente Nixon. Tra realtà e film, di battaglie ne ha combattute tante.