Proseguo le mia indagine (particolarmente interessante il “paragrafo” associazione e ripetizione. E’ un po’ lungo ma ne vale la pena. Consigliato).
Pare che la pubblicità commerciale e la propaganda politica sfruttino pienamente la possibilità di indurre la psiche in confusione tra reale e irreale (immaginazione e suggestione), e costruire nell’opinione pubblica falsi paradigmi della realtà economica, politica etc.
L’azione pare operi secondo i seguenti principali step:
a) Suscitare uno stato di eccitazione, euforia, consenso, allarme (c.d. shok doctrine), senso di colpa, ecc., precedentemente o contemporaneamente ad un messaggio propagandistico o pubblicitario mirato;
b) Far assimilare come ricordo di fatti reali e assodati, contenuti che sono invece solo asseriti o suggeriti oppure sono solo giudizi e interpretazioni;
c) Inibire la percezione o il riconoscimento di fatti reali o argomenti logici che siano in contrasto con il sistema di convincimenti, valori, identificazioni che si vuole instaurare e consolidare.
Per una approfondita trattazione, con riferimenti alle evidenze sperimentali disponibili, vedasi Wilson Brayan Key.
Sugli indizi di efficacia di tali tecniche si consulti anche Lechner.
Messaggi subliminali:
Nel 1950 si sollevò una campagna d’allarme allorché si scoprì che, nella pellicole di film proiettati in pubblica sale erano inseriti fotogrammi contenenti suggestioni pubblicitarie; i fotogrammi non erano percepiti consciamente ma si riteneva che fossero percepiti inconsciamente e che influenzassero i comportamenti d’acquisto degli spettatori agendo, appunto, inconsciamente. Chris Frith riporta e commenta esperimenti che confermano la possibilità, per simili stimoli, di influenzare l’attività cerebrale.
Embeds, o intarsi:
Frequentemente nelle immagini pubblicitarie o propagandistiche vengono inseriti “embeds”, ossia parole o immagini evocative nascoste, non manifeste, non coglibili dalla mente conscia, ma (ritenute) coglibili dall’inconscio, e idonee a produrre determinate associazioni o stati d’animo nella mente dei destinatari. Queste parole o immagini nascoste sono sovente stimoli sessuali associate al prodotto reclamizzato, per facilitare scelte di acquisto; oppure dispregiativi ed allarmanti, ossia parole come “ratti”, immagini di stragi associate all’immagine o una descrizione del supposto nemico (criminali) quando si vuole creare consenso a misure repressive o preventive contro di essi o restrizione di diritti civili o delle garanzie giudiziarie.
Programmazione neurolinguistica (PNL):
Derivata principalmente dalla pratica del noto psicoterapeuta Milton Erikson secondo essa il soggetto passivo può venire programmato, a sua insaputa e senza il suo consenso, a fare determinate azioni, a reagire in un determinato modo a certi stimoli, ad avere determinate esperienze o variazioni dell’umore o di desideri in circostanze predefinite.
Associazione e ripetizione:
Consiste nell’applicare a una iniziativa oggettivamente poco accettabile (ed es. limitazione dei diritti) e avente fini non dichiarabili (ad es. controllo sociale) una denominazione falsa ma semanticamente “buona”, accettabile (ad. es. lotta al terrorismo, lotta alla violenza sulle donne, democratizzazione etc.), e nel ripetere tale denominazione in ogni circostanza, inserendola anche negli atti ufficiali, legislativi, amministrativi, fino a farla divenire il termine, il vocabolo di uso corrente per designare quell’iniziativa ed i suoi pretesi fini.
La ripetizione di un massaggio (ad es. “in Italia esiste un fenomeno di femminicidio”, “salviamo le donne”), se diventa pervasiva, se avviene molte volte al giorno, può far assorbire il contenuto, le implicazioni di quel messaggio come se fossero un fatto provato, anche se non lo è; e tale input rimane operante sullo sfondo cognitivo del soggetto anche dopo che sono emersi fatti che lo smentiscono.
In una prima fase le tecniche di associazione e ripetizione inducono il soggetto ad “accettare” la voluta versione della realtà e la conseguente moralità e legittimità dell’iniziativa (lotta alla violenza ad es.), tanto che di essa il soggetto si rende moralmente partecipe, identificandosi nei valori, nei leader, fino a sentirsi orgoglioso di tutto ciò.
In una seconda fase, quando cominciano ad emergere fatti che smentiscono sia i presupposti legittimanti (ad. es. reale esistenza di un fenomeno di femminicidio) che i fini dichiarati (ad. es. lotta alla violenza), questi fatti (ad es. verifica dell’inesistenza del fenomeno del femminicidio) e le loro implicazioni etiche e politiche che ne rivelano il vero fine (come ad. es. accaparrarsi ulteriori privilegi legislativi oltre ai già numerosi di cui godono, distruggere l’identità di un genere, accaparrarsi finanziamenti pubblici etc.-), in questa seconda fase, dicevamo, il soggetto censura o rimuove (inconsciamente) le informazioni che lo metterebbero in conflitto con le proprie precedenti scelte della precedente fase, con la propria adesione all’iniziativa. Quindi in buona sostanza l’effetto si difende da sé contro l’evidenza contraria.
Analogamente, applicando denominazioni repulsive, odiose, tabù (ad. es. sionista, fascista, comunista, misogino), si può avere l’effetto inverso, al fine di colpire, delegittimare, screditare e criminalizzare le iniziative, le persone, le idee, le informazioni non gradite (Della Luna - Cioni).
Alla prossima