Autore Topic: Fucilazione camerati X MAS da parte degli angloamericani e storia della Decima  (Letto 70764 volte)

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Combattevano secondo la guerriglia.
(Pietro Secchia, "Tecniche di guerriglia". Raccoglie anche documenti risorgimentali  garibaldini)

Guerriglieri poveri contro un nemico ricco ed equipaggiato.


Difendersi. Ovvio.
Ma non sterminare e bruciare villaggi ipotizzando che tra i morti vi fossero i parenti dei partigiani.

Ti dirò una cosa.... se non fosse stato per  il bando di pena di morte contro i renitenti alla leva i partigiani sarebbero stati molti meno.
Impossibile.
Comunque i rastrellamenti li facevano anche se non c'erano attentati partigiani.
Per cercare ebrei,  renitenti disertori.
Per fortuna c'erano le soffiate.



10 a 1. Stika...


Per la stessa ragione per la quale nessuno ha pagato per le foibe.
In ogni guerra il più sano ha la rogna.

La guerriglia in quanto tale non è ammessa da nessuna convenzione e non è prevista dal diritto internazionale nè da quello vigente nè da quello pregresso . 

"Ricco ed equipaggiato" ?

Ma quando mai . I soldati tedeschi al fronte facevano la fame come e più della popolazione civile locale .

Le  razioni di cibo tedesche nel 1945 erano risibili .

Una signora del posto mi ha detto che il bestiame sovente veniva requisito sia dai tedeschi che dai partigiani ma tutti insieme alla popolazione civile avevano fame .
Mi ha detto che subito dopo la guerra a molte ragazze venivano rasati i capelli venendo sottoposte al pubblico ludibrio con sputi , percosse ed insulti da parte della gente perchè venivano considerate delle spie dei tedeschi , lei mi disse che in realtà queste erano ragazzine di 16-17 anni che non capivano niente nè di guerra nè di politica e che se ne andavano con i soldati tedeschi più o meno della stessa età o poco più grandi semplicemente perchè si piacevano .
Davvero mi ha detto tutte queste cose se vuoi credermi . 

Chi aveva ogni ben di ... erano gli Alleati .

Ripeto all'epoca la rappresaglia era ammessa e praticata da ambo le parti dall'Asse e dagli Alleati .

Lo so cosa vuoi dirmi vnd...io ci abito nel nord Italia ed ho avuto modo di parlare con molte persone del posto che sono vissute in quel periodo le quali mi hanno detto che i partigiani all'epoca altro non erano che per la maggior parte dei ragazzi  che non capivano una mazza di politica ma che non volevano assolutamente saperne di abbandonare la propria terra per andare a morire chissà dove e pertanto si andarono a nascondere sulle montagne , la RSI a questo punto li dichiarava   ufficialmente "renitenti alla leva" condannandoli a morte e quindi divenivano per forza di cose "partigiani" insieme a sbandati del regio esercito italiano . 
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline Stendardo

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nessun ha  mai contato i nemici morti. un generale si giudica sulla base dei propi soldati persi e non dei nemici uccisi.
quale esercito ha mai condannato un 'proprio macellaio'?

e questo da sempre e ovunque

nl 1500 i Cavalieri di Malta condannarono un loro ammiraglio per  imperizia perchè era tornato senza  la propria nave,
ma non ho mai letto dei cavalieri di malta condannare un loro ammiraglio perchè uccise troppi turchi.
(adesso ssai perchè i comananti di una nave affondano con la propria nave, perchè vanno sotto processo ed hanno sempre torto)

Appunto e questo vale ancora oggi vedasi il caso Calipari , il Cermis , Abu Omar etc .

Ancora oggi in Afghanistan gli americani bombardano tranquillamente i civili senza che nessun militare americano venga processato e senza che nessuno si indigna .

Chissà perchè pur essendo da anni in Afghanistan i militari italiani tutti questi "errori" ai danni delle popolazione civile non capitano...
 
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

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Come ha detto Vnd le rappresaglie le facevano anche senza attentati ed imboscate: bastava il semplice sospetto e il considerare la zona come "ostile" per far scattare rappresaglie e altro sulla popolazione civile. Era la consapevolezza che ormai la guerra era perduta a far dimenticare sia ai
tedeschi che ai fascisti ogni e qualsiasi scrupolo. E tra quelli che ammazzavano i civili per semplici
sospetti ci furono anche marò della X Mas. Le legittimazioni a posteriori che fai tu, Standarde, sono
legittimazioni di comodo: le rappresaglie sulla popolazioni civile furono tante, troppe e furono più
che altro dovute alla consapevolezza che il mondo difeso dai nazifascisti era un mondo che stava
crollando. Fu questa consapevolezza a scatenare una ferocia senza pari, ben al di là di esigenze
di sicurezza militare. I militi della X Mas sapevano, come gli altri, che la guerra la stavano perdendo
e che ci sarebbe stata per loro la resa dei conti. Fu QUESTO a scatenare la loro rabbia. Non altro.

Offline vnd

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La guerriglia in quanto tale non è ammessa da nessuna convenzione e non è prevista dal diritto internazionale nè da quello vigente nè da quello pregresso . 

Non sono un esperto ma... mi sembra di ricordare che quello che dici non è del tutto esatto.
Quella di considerare vile l'attacco mordi e fuggi è una sciocchezza.
Fin dai tempi di Sun Tzu, la guerra si combatte con operazioni che infliggano i maggiori danni al nemico con il minimo sforzo.
Pur con tanto di regole cavalleresche.

La guerriglia è l'attacco violentissimo e concentrato, seguito da una repentina ritirata.
Lo scopo è quello di indebolire il morale del nemico che non si sente più al sicuro.


Citazione
"Ricco ed equipaggiato" ?

Ma quando mai . I soldati tedeschi al fronte facevano la fame come e più della popolazione civile locale .

Le  razioni di cibo tedesche nel 1945 erano risibili .

Ricche rispetto ai partigiani.
A differenza dei partigiani vestivano l'uniforme, mangiavano e alloggiavano al coperto.
Se non altro potevano contare sulle tasse pagate dalla stessa gente che perseguitavano (o che loro pensavano di aiutare).
I partigiani erano costretti a requisire... pardon... a rubare...
La storia dei buoni di requisizione del CLN non l'ho mai capita bene e non so quanti di questi impegni siano poi stati onorati a guerra finita.


Citazione
Una signora del posto mi ha detto che il bestiame sovente veniva requisito sia dai tedeschi che dai partigiani ma tutti insieme alla popolazione civile avevano fame .
Mi ha detto che subito dopo la guerra a molte ragazze venivano rasati i capelli venendo sottoposte al pubblico ludibrio con sputi , percosse ed insulti da parte della gente perchè venivano considerate delle spie dei tedeschi , lei mi disse che in realtà queste erano ragazzine di 16-17 anni che non capivano niente nè di guerra nè di politica e che se ne andavano con i soldati tedeschi più o meno della stessa età o poco più grandi semplicemente perchè si piacevano .
Davvero mi ha detto tutte queste cose se vuoi credermi . 

Da qualcuno avranno pure imparato, no?
Erano mignottte.
All'epoca avevamo le case chiuse.
Le brave ragazze si sposavano e le altre lavoravano nelle case chiuse.
Gli ibridi non piacevano.

Rasare i capelli non è nemmeno paragonabile alla tortura e alla fucilazione.
I capelli ti ricrescono.
Intanto mettiamo in guardia i bravi ragazzi, ti rasiamo e ti rendiamo riconoscibile. Ti sei data ai nazi-fascisti e potresti essere incinta di qualcuno di loro.
Lo hai fatto per fame, ma come hai ingannato il fascista potresti ingannare un bravo ragazzo e pretendere di farti sposare facendogli credere di essere incinta di lui.
Poi... quando i capelli saranno ricresciuti, se qualcuno vorrà, ti prenderà.

Mi sembra una decisione civile.

Non guardarla con gli occhi della donna che è scoperta e che non può più attuare il suo imbroglio.
Guardala con gli occhi di un uomo che rischia di mantenere il bastardo di chi lo voleva morto.


Citazione
Lo so cosa vuoi dirmi vnd...io ci abito nel nord Italia ed ho avuto modo di parlare con molte persone del posto che sono vissute in quel periodo le quali mi hanno detto che i partigiani all'epoca altro non erano che per la maggior parte dei ragazzi  che non capivano una mazza di politica ma che non volevano assolutamente saperne di abbandonare la propria terra per andare a morire chissà dove e pertanto si andarono a nascondere sulle montagne , la RSI a questo punto li dichiarava   ufficialmente "renitenti alla leva" condannandoli a morte e quindi divenivano per forza di cose "partigiani" insieme a sbandati del regio esercito italiano .

Infatti.
La retorica della resistenza è nata per simulare, anche all'estero, che il fascismo era stato un fatto subito e non voluto.
Questo ha consentito di risollevare il mercato, ricevere benefit sia americani che sovietici, rialzarci, ricostruire un paese e studiare...

Vnd [nick collettivo].

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Come ha detto Vnd le rappresaglie le facevano anche senza attentati ed imboscate: bastava il semplice sospetto e il considerare la zona come "ostile" per far scattare rappresaglie e altro sulla popolazione civile. Era la consapevolezza che ormai la guerra era perduta a far dimenticare sia ai
tedeschi che ai fascisti ogni e qualsiasi scrupolo. E tra quelli che ammazzavano i civili per semplici
sospetti ci furono anche marò della X Mas. Le legittimazioni a posteriori che fai tu, Standarde, sono
legittimazioni di comodo: le rappresaglie sulla popolazioni civile furono tante, troppe e furono più
che altro dovute alla consapevolezza che il mondo difeso dai nazifascisti era un mondo che stava
crollando. Fu questa consapevolezza a scatenare una ferocia senza pari, ben al di là di esigenze
di sicurezza militare. I militi della X Mas sapevano, come gli altri, che la guerra la stavano perdendo
e che ci sarebbe stata per loro la resa dei conti. Fu QUESTO a scatenare la loro rabbia. Non altro.

Molte azioni di furto e saccheggio attribuite a reparti della RSI o tedeschi sarebbero invece da attribuirsi alle numerose bande di criminali comuni che infestavano il territorio, i quali mascherati dietro uniformi della Decima che sarebbero riusciti ad ottenere durante lo sbandamento dell'8 settembre 1943, taglieggiavano la popolazione civile con relativa impunità. Secondo quanto riportato da Nesi, operazioni dello stesso genere - a scopo di propaganda antifascista - sarebbero state condotte, sempre con uniformi della Decima in qualche modo trafugate, da nuclei partigiani (secondo Nesi, nella zona della Liguria e del Cuneense) .
Fonte : National Archives and Recording administration, RG226 Records of OSS, faldoni vari; Sergio Nesi, Junio Valerio Borghese, Lo Scarabeo, Bologna .
Nesi sostiene poi che taluni rapporti di polizia proverrebbero da uffici e comandi repubblicani ostili alla Decima, i quali avrebbero perseguito non lo scopo di riparare i numerosi torti subiti dai civili, ma quello di metterla in cattiva luce presso gli alti comandi nonché lo stesso Mussolini nell'ambito delle feroci lotte per il potere che caratterizzarono la Repubblica Sociale. Questi rapporti sarebbero stati comunque ingigantiti ed esagerati .
Fonte : National Archives and Recording administration, RG226 Records of OSS, faldoni vari; Sergio Nesi, Junio Valerio Borghese, Lo Scarabeo, Bologna .
Ed ecco tutta lo storia della Decima in relazione al suo coinvolgimento nella guerra civile , il resto sono solo delle menzogne vigliacche .   
La Decima, nata per proseguire la guerra contro gli angloamericani, fu inizialmente risparmiata dalle azioni partigiane e gappiste, fino al 23 gennaio 1944, quando un attacco dinamitardo fece saltare alla Spezia il tram che collegava il centro cittadino colla sede della Decima nella Caserma San Bartolomeo, provocando la morte di tre marò e due cittadini.
A questo punto però i suoi appartenenti furono posti di fronte alla libera scelta di congedarsi o continuare con la guerra civile .
In seguito a questo episodio, la Decima inviò dei reparti in supporto ai tedeschi per un rastrellamento nelle montagne prospicienti La Spezia, durante il quale non si ebbero scontri a fuoco, ma solo sequestri d'armi.
La prima rappresaglia compiuta dalla Decima risale invece al marzo 1944, quando il treno Parma-La Spezia fu bloccato dai partigiani e tutti i suoi occupanti militari (fra cui tre marò della Decima) furono passati per le armi sebbene disarmati .
Fonte : Sergio Nesi, Junio Valerio Borghese. Un principe, un comandante, un italiano, Lo Scarabeo, Bologna, 2004 .
A questo punto , la Decima ordinò un rastrellamento, durante il quale 13 partigiani furono sorpresi: quattro morirono nello scontro a fuoco e altri nove furono portati alla Spezia. Di questi, un minorenne fu rilasciato, e gli altri otto furono fucilati.
Spostate le unità in Piemonte alla Decima fu sempre più spesso richiesta la partecipazione alle operazioni di grande polizia, richieste alle quali la formazione aderì sempre con riluttanza e mettendo a disposizioni nuclei di entità inferiore alla compagnia .
Fonte : Massimiliano Capra Casadio, La Decima Mas di Junio Valerio Borghese, i comandi tedeschi e le formazioni partigiane, in I sentieri della ricerca, n. 5, Centro Studio Piero Ginocchi .
Per fronteggiare le sempre più frequenti azioni dei partigiani, viene costituita una speciale "Compagnia O" (operativa), composta da 120 uomini al comando del tenente Umberto Bertozzi. Non è chiaro invece il suo rapporto con Borghese e coi comandi della Decima: pare piuttosto plausibile che detta compagnia "O" sia stata maltollerata quanto necessario per venire incontro alle urgenze della primavera-estate 1944, e appena possibile sciolta e i suoi elementi inviati nel Distaccamento "Milano" .
Fonte : Massimiliano Capra Casadio, La Decima Mas di Junio Valerio Borghese, i comandi tedeschi e le formazioni partigiane, in I sentieri della ricerca, n. 5, Centro Studio Piero Ginocchi . Questo anche per il giornalista e saggista Giorgio Pisanò autore di diversi libri sull'argomento .
Tuttavia, il 4 luglio 1944 l'episodio dell'uccisione del comandante Umberto Bardelli spinse Borghese a tornare sulla sua decisione di non impiegare i suoi uomini nella controguerriglia. Così dall'autunno 1944 anche la Decima fu massicciamente coinvolta nella guerra civile contro i partigiani italiani, dispiegando una forza ed una violenza impressionante.
Nella Prefazione di Giuseppe Parlato al volume di Sergio Nesi, "Junio Valerio Borghese", sono ben spiegati come si svolsero REALMENTE I FATTI , si dice testualmente :
« mentre le altre formazioni operavano in funzione antipartigiana,LA DECIMA ATTESE CHE I PARTIGIANI ATTACCASSERO PER POI PROCEDERE, con riluttanza, alla guerra antipartigiana. La differenza è tuttavia assai sottile, vista la guerra civile. In ogni caso, almeno nei vertici e nelle intenzioni, la Decima non voleva combattere contro altri italiani, bensì portare a termine l’impegno d’onore verso la nazione concludendo la guerra anche con una sconfitta. Ciò determinò, in qualche caso, momenti di cavalleria e di rispetto fra le due parti in lotta e persino qualche momentaneo accordo politico »
L'8 luglio 1944 Bardelli si recò personalmente alla ricerca del guardiamarina Gaetano Oneto, disertore del "Sagittario" che, unitamente ad altri marò, era fuggito con la cassa del battaglione. Giunto nel borgo di Ozegna con una scorta, si trovò faccia a faccia coi guerriglieri della formazione "Matteotti" al comando del partigiano Piero Urati, detto Piero Piero. Per evitare uno scontro fratricida, Bardelli depose le armi e ordinò ai suoi di fare lo stesso. Iniziarono così a parlamentare coi partigiani per ottenere la consegna del disertore, in un clima di crescente tensione. Dopo aver concordato lo scambio del disertore Oneto con dei prigionieri partigiani, Bardelli lasciò il convegno con Piero Piero, ma si trovò circondato da uomini della "Matteotti". Piero Piero intimò la resa al comandante repubblicano, il quale rifiutò urlando«Barbarigo non si arrende! Fuoco!». Nel rapido scontro a fuoco che ne seguì Bardelli e 10 marò furono uccisi. Le salme furono ricomposte nell'attuale oratorio del paese e i feriti curati da alcune religiose del posto. I marò prigionieri, invece, furono catturati dai partigiani e portati "in montagna", dove sarebbero stati sottoposti a varie pressioni (fra cui la "falsa fucilazione") per indurli a disertare e passare con la "Matteotti". Furono poi rilasciati una settimana dopo, a seguito di uno scambio con prigionieri partigiani.Caddero anche sette partigiani ed un civile . (targa commemorativa sul posto) .
Secondo l'ufficio propaganda della Decima il corpo di Bardelli fu rinvenuto privo di due denti d'oro, mentre due caduti furono rinvenuti dai paesani ammassati contro un muro e imbrattati di sterco e con della paglia in bocca (secondo alcuni a causa del trasporto con un carretto sporco, ma tale versione risulta respinta da altra storiografia) .
Fonte : Sergio Nesi, Ozegna, 8 luglio 1944, Lo Scarabeo, Bologna, 2008 .
In seguito a questo evento Borghese radunò lo stato maggiore della Decima comunicando la sua decisione e ribadendo il carattere volontario della Decima. Chiunque non avesse voluto rimanere nella Decima, che era nata per combattere al fronte gli anglo-americani, e che da quel momento si trovava coinvolta nella guerra civile, avrebbe ottenuto il congedo illimitato: quindici ufficiali su duecento chiesero ed ottennero d'essere messi in congedo per non dover partecipare alla guerra civile .
Fonte : Mario Bordogna, Junio Valerio Borghese e la Xª Flottiglia MAS, Mursia, Milano, 2007. .
Dopo altri due mesi di imboscate e rastrellamenti si giunse ad un nuovo abboccamento fra i reparti della Decima e della formazione di Piero Piero che portò alla costituzione, caso più unico che raro, di un plotone d'esecuzione misto per l'esecuzione del disertore Oneto. Oneto dopo essere stato degradato viene fucilato nei pressi di Configlietto Val Soana da un picchetto comandato dal tenente di vascello Montanari formato da sei marò del battaglione Barbarigo e sei partigiani della Brigata De Franchi il 4 settembre 1944. All'esecuzione assistette un picchetto di venti marò della Decima e di venti partigiani.
Fonte : Guido Bonvicini, Decima Marinai! Decima Comandante!, Mursia, Milano .
Fonte : Sergio Nesi, Ozegna, 8 luglio 1944, Lo Scarabeo, Bologna, 2008 .
Nonostante questo episodio (che ebbe come strascico l'arresto di Piero Piero per ordine di altri capi partigiani, anche in seguito alle esazioni compiute dal gruppo in Valchiusella. Il malcontento della popolazione sfociò in un'inchiesta da parte dei partigiani dell'area che fecero cessare le requisizioni e i furti di cibo e bestiame.), la Decima si trovò coinvolta sempre più profondamente nella guerra civile. Subendo - in quanto forza militare alleata dei tedeschi e al pari delle forze militari di questi - attacchi, catture ed imboscate .
Fonte : Circa le catture o - secondo il gergo militare di allora "prelevamenti" di militari in libera uscita o in licenza - si veda Giorgio Pisanò, Gli ultimi in grigioverde, cit., voll. I e II, in particolare riguardo alle disposizioni del gen. Farina in materia di sicurezza dei militari in libera uscita .
Fra gli episodi più significativi si inquadra l'esecuzione sommaria del partigiano garibaldino Ferruccio Nazionale, detto "Carmela", il cui corpo, immortalato in una macabra foto, è divenuto uno dei simboli della ferocia cui si giunse durante la guerra civile. Ad Ivrea il partigiano Nazionale decise di attentare alla vita del cappellano militare della Decima, don Augusto Bianco. Bloccato con una bomba a mano in pugno, proprio un istante prima che potesse scagliarla, fu sommariamente giustiziato il 29 luglio tramite impiccagione nella piazza del municipio .
Fonte : Ricciotti Lazzero, "La Decima MAS", p.95-96, Garzanti, Milano, 1984 .
Il corpo, lasciato appeso con cartello al collo divenuto tristemente famoso per una foto scattata da un marò , sarebbe dovuto rimanere appeso quale monito per la popolazione, che venne raggruppata e fatta sfilare davanti al suo cadavere .
Fonte : Ferruccio Nazionale "Carmela" .
Tuttavia, dopo poche ore, un ufficiale del battaglione "Fulmine", non ritenendo compatibile un simile spettacolo di ferocia con l'onore del proprio reparto, ordinò che il corpo fosse deposto, e cristianamente sepolto nel cimitero cittadino, alla presenza di un picchetto di marò.
Fonte : Guido Bonvicini, Decima Marinai! Decima Comandante!, Mursia, Milano .
Lo storico Renzo De Felice , attualmente considerato il massimo studioso del fascismo (e quindi che ne sa certamente qualcosina in più di te Massimo) nel suo libro edito da Einaudi ed intitolato "Mussolini l'alleato" , disse testualmente :
« Tipici in questo senso sono i tre stadi che spesso sono riscontrabili nel loro atteggiamento […] primo, la Decima combatte per l’onore della patria; la sua guerra è contro il nemico invasore dell’Italia e non ideologica e di partito, che divide gli italiani invece di unirli nel nome della patria, e, dunque, la Decima non combatte contro i partigiani; secondo, se però i partigiani si accaniscono contro di essa, vendichi i suoi morti; terzo, ogni forma di clemenza verso i partigiani dettata dal governo o dal PFR da considerazioni di ordine politico non può essere accettata e non riguarda la Decima, i nemici attivi della patria, coloro che uccidono chi ne difende l’onore e il territorio non possono trovare clemenza. »
Pertanto , come è stato ben spiegato da storici e saggisti del calibro di Renzo De Felice e Giorgio Pisanò che , sicuramente , sull'argomento ne sanno più di me ed anche di te , Massimo , quella della Decima fu una REAZIONE LEGITTIMA NON VOLUTA ai continui assassini di propri camerati parte dei partigiani e non perchè la Decima "stava perdendo la guerra" che è una castroneria grossa quando una casa e storicamente falsa in relazione ai fatti storici REALMENTE ACCADUTI .
Di tutte le rappresaglie LEGITTIMAMENTE COMPIUTE in base al diritto di rappresaglia previsto dalla Convenzione dell'Aia e dal diritto internazionale vigente all'epoca (diritto di rappresaglia che , ripeto , veniva esercitato regolarmente anche da americani , francesi , inglesi e russi) , SOLO DUE EPISODI DI TUTTA LA GUERRA possono essere considerati dei crimini compiuti dalla X MAS :
1)A Forno (frazione di Massa) ;
2)A Crocetta di Montello (Treviso) .
La Decima Mas , però , nel corso di tutta la seconda guerra mondiale ha compiuto DECINE DI MIGLIAIA di azioni di guerra TUTTE LEGITTIME , il tuo in definitiva sembra essere un maldestro tentativo da strapazzo di voler far apparire il comportamento in guerra tenuto dalla Decima MAS come L'ECCEZIONE al posto della REGOLA e la  REGOLA al posto dell'ECCEZIONE .


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Quella di considerare vile l'attacco mordi e fuggi è una sciocchezza.
Fin dai tempi di Sun Tzu, la guerra si combatte con operazioni che infliggano i maggiori danni al nemico con il minimo sforzo.
Pur con tanto di regole cavalleresche.

La guerriglia è l'attacco violentissimo e concentrato, seguito da una repentina ritirata.
Lo scopo è quello di indebolire il morale del nemico che non si sente più al sicuro.


Ricche rispetto ai partigiani.
A differenza dei partigiani vestivano l'uniforme, mangiavano e alloggiavano al coperto.
Se non altro potevano contare sulle tasse pagate dalla stessa gente che perseguitavano (o che loro pensavano di aiutare).
I partigiani erano costretti a requisire... pardon... a rubare...
La storia dei buoni di requisizione del CLN non l'ho mai capita bene e non so quanti di questi impegni siano poi stati onorati a guerra finita.


Da qualcuno avranno pure imparato, no?
Erano mignottte.
All'epoca avevamo le case chiuse.
Le brave ragazze si sposavano e le altre lavoravano nelle case chiuse.
Gli ibridi non piacevano.

Rasare i capelli non è nemmeno paragonabile alla tortura e alla fucilazione.
I capelli ti ricrescono.
Intanto mettiamo in guardia i bravi ragazzi, ti rasiamo e ti rendiamo riconoscibile. Ti sei data ai nazi-fascisti e potresti essere incinta di qualcuno di loro.
Lo hai fatto per fame, ma come hai ingannato il fascista potresti ingannare un bravo ragazzo e pretendere di farti sposare facendogli credere di essere incinta di lui.
Poi... quando i capelli saranno ricresciuti, se qualcuno vorrà, ti prenderà.

Mi sembra una decisione civile.

Non guardarla con gli occhi della donna che è scoperta e che non può più attuare il suo imbroglio.
Guardala con gli occhi di un uomo che rischia di mantenere il bastardo di chi lo voleva morto.


Infatti.
La retorica della resistenza è nata per simulare, anche all'estero, che il fascismo era stato un fatto subito e non voluto.
Questo ha consentito di risollevare il mercato, ricevere benefit sia americani che sovietici, rialzarci, ricostruire un paese e studiare...
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

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Non sono un esperto ma... mi sembra di ricordare che quello che dici non è del tutto esatto.
Quella di considerare vile l'attacco mordi e fuggi è una sciocchezza.
Fin dai tempi di Sun Tzu, la guerra si combatte con operazioni che infliggano i maggiori danni al nemico con il minimo sforzo.
Pur con tanto di regole cavalleresche.

La guerriglia è l'attacco violentissimo e concentrato, seguito da una repentina ritirata.
Lo scopo è quello di indebolire il morale del nemico che non si sente più al sicuro.


Ricche rispetto ai partigiani.
A differenza dei partigiani vestivano l'uniforme, mangiavano e alloggiavano al coperto.
Se non altro potevano contare sulle tasse pagate dalla stessa gente che perseguitavano (o che loro pensavano di aiutare).
I partigiani erano costretti a requisire... pardon... a rubare...
La storia dei buoni di requisizione del CLN non l'ho mai capita bene e non so quanti di questi impegni siano poi stati onorati a guerra finita.


Da qualcuno avranno pure imparato, no?
Erano mignottte.
All'epoca avevamo le case chiuse.
Le brave ragazze si sposavano e le altre lavoravano nelle case chiuse.
Gli ibridi non piacevano.

Rasare i capelli non è nemmeno paragonabile alla tortura e alla fucilazione.
I capelli ti ricrescono.
Intanto mettiamo in guardia i bravi ragazzi, ti rasiamo e ti rendiamo riconoscibile. Ti sei data ai nazi-fascisti e potresti essere incinta di qualcuno di loro.
Lo hai fatto per fame, ma come hai ingannato il fascista potresti ingannare un bravo ragazzo e pretendere di farti sposare facendogli credere di essere incinta di lui.
Poi... quando i capelli saranno ricresciuti, se qualcuno vorrà, ti prenderà.

Mi sembra una decisione civile.

Non guardarla con gli occhi della donna che è scoperta e che non può più attuare il suo imbroglio.
Guardala con gli occhi di un uomo che rischia di mantenere il bastardo di chi lo voleva morto.


Infatti.
La retorica della resistenza è nata per simulare, anche all'estero, che il fascismo era stato un fatto subito e non voluto.
Questo ha consentito di risollevare il mercato, ricevere benefit sia americani che sovietici, rialzarci, ricostruire un paese e studiare...

All'epoca della seconda guerra mondiale era in vigore la Convenzione dell'Aja che è la convenzione internazionale fondamentale in materia .

L'art.42 della Covenzione dell'Aja , vigente all'epoca della seconda guerra mondiale , escludendo "qualsiasi attività dannosa nei confronti delle truppe e delle operazioni militari" esclude de facto anche la "guerriglia" . Difatti tale articolo recita testualmente :
“La popolazione ha l’obbligo di continuare nelle sue attività abituali astenendosi da qualsiasi attività dannosa nei confronti delle truppe e delle operazioni militari. La potenza occupante può pretendere che venga data esecuzione a queste disposizioni al fine di garantire la sicurezza delle truppe occupanti e al fine di mantenere ordine e sicurezza. Solo al fine di conseguire tale scopo la potenza occupante ha la facoltà, come ultima ratio, di procedere alla cattura e alla esecuzione degli ostaggi“.
Ribadisco il mio punto di vista personale sul carattere vile e vigliacco delle azioni partigiane perchè non c'è niente di più vile e vigliacco che fare imboscate a soldati in libera uscita in bar , treni o sui mezzi in transito ammazzare per poi fuggire a nascondersi sulle montagne .
La rabbia di fronte a simile modus operandi aumentava e dismisura . 
Non è detto , molti partigiani stavano molto meglio rispetto ai soldati tedeschi , venivano riforniti regolarmente di viveri dai propri parenti che abitavano vicino alle montagne , godendo di supporto logistico , inoltre molti di questi vivevano in baite riscaldate una situazione decisamente migliore rispetto a quella di vivere in una trincea sulla linea gotica con le razioni ridotte ed a migliaia di chilometri da casa .
Fatte le dovute eccezioni , non erano mignotte come non erano mignotte quelle che se ne andavano con i partigiani , per quanto ne so mi sembravano semplicemente ragazze cui piacevano i ragazzi tal dei tali senza tener conto della divisa indossata o dell'area politica d'appartenenza.
A dire il vero a molte di queste ragazze non solo vennero rasate i capelli...molte vennero anche stuprate e brutalmente torurate ed infine assassinate senza alcuna colpa...se non quella di essere state viste insieme ai fascisti ed ai tedeschi...dando adito alla maldicenza della gente...
Sarebbe stato assurdo se i fascisti ed i tedeschi oltre che a reprimere i partigiani se la prendevano anche con le loro mogli o fidanzate solo perchè appunto fidanzate e mogli dei partigiani a meno di un loro coinvolgimento diretto o indiretto collegato ad eventi di natura prettamente bellica . 
E' una cosa totalmente illogica da un punto di vista bellico .
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

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Quali che siano state le iniziali inibizioni della X Mas alla guerra antipartigiana, venne superate con
la decisione di partecipare alla guerra civile, distogliendosi dalla guerra contro gli angloamericani.
Ogni persona sensata della X Mas doveva a questo punto capire che la guerra non si poteva più
vincere visto che i nazifascisti avevano praticamente contro oramai il mondo intero. Si doveva salvare
l'onore, a questo punto, non puntando più alla vittoria, oramai divenuta impossibile? Benissimo: ci si
concentrava pertanto SOLO sulla guerra contro gli angloamericani e ci si affidava, per vendicare
i propri camerati uccisi da partigiani, alla GNR e alla brigata Muti lasciando che QUESTE facessero il
lavoro sporco. In questo modo la reputazione morale della X Mas sarebbe rimasta cristallina. Così
non si è fatto e la reputazione venne infangata dalle violenze (spesso inutili) compiute dai militi della
Decima con il pretesto della vendetta. Se la X Mas scomparve dopo il 25 Aprile un buon motivo c'è!

Offline Red-

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Pillole:

...faccio un pò di storiografia, salvo errori, da quel che ricordo e da appassionato della II GM.
Dunque, la squadriglia Mas in realtà nasce durante la prima guerra mondiale. Serviva un'unità dotata di mezzi navali piccoli e veloci, che potessero causare danni a grandi navi con veloci incursioni. Nacque così il Motoscafo Armato di Siluri, il MAS, appunto.
Nella II GM Il principe Valerio Borghese prese il comando della nuova flotta, E MAS significò Motoscafo Anti Sommergibile o qls del genere, ma in sostanza cambiò poco. Poi arrivò il D'annunzio che, da sborone qual era, li ribattezzò Memento Auder Semper (ricordati sempre di osare), ma l'acronimo in realtà non significava quello, ovviamente.
Gli diedero il nome di "decima" in ricordo della decima legione romana, che a quanto pare si rese famosa per il suo valore. Ma in realtà non esisteva nè la nona e nè la ottava.

Durante la II GM si rese nota per alcune azioni in effetti efficaci. I motoscafi erano dotati di due siluri, di cannoncini e mitragliatrici. Si avvicinavano senza essere visti, colpivano e poi si dileguavano.
Il problema arrivò ad un certo punto, mi pare nel 41 o giù di lì, cioè quando gli alleati montarono i primi prototipi di radar. In quel modo riuscivano e vederli anche da lontano e li facevano fuori come mosche.
E così la flottiglia MAS andò in crisi; poi si riorganizzò e si specializzò in incursioni di tipi diverso, cioè andavano di persona, con muta e bombe, a sabotare le navi nemiche.

Non ricordo come e perchè si adattarono anche ad azioni di terra, forse Standarte lo ricorda.
Dopo l'armistizio e con la RSI, la decima fu mandata a tentare di sgomberare le alpi dai partigiani, in particolare quelle piemontesi, questo perchè i tedeschi pensavano, dopo il D Day, che gli alletati potessero passare di lì per arrivare in Italia, e quindi ordinarono al Duce (ormai servo di Hitler) di mandare là delle truppe per preparare la difesa.
Perchè i tedeschi scelsero proprio la decima non lo so, probabilmente perchè era l'unità meglio armata, addestrata e più motivata. In pratica erano dei fanatici, via.  ^_^  ..Cmq la X MAs non riuscì a sgomberare le alpi dai partigiani.
Quanto fossero davvero addestrati non saprei, a naso io direi che lo erano meno dei nazisti, i quali davvero erano soldati di prim'ordine, pure se anche loro fanatici e per di più pazzoidi.  :cool:
A mio avviso quello che fece a suo modo "grande" la decima fu in primis il loro comandante, Junio Valerio Borghese; pochi lustri fa fu accusato di un tentativo di colpo di stato (il "golpe Borghese"), per ciò fuggì in svizzera (se non erro) e lì morì.

Che cosa fece poi, alla fine, di tanto straordinario io non lo ricordo bene, ma certo non è che conosca per filo e per segno ogni azione della X MAS. :dry:

Come nota a margine, quel che mi pare certo è che non è vero che furono "l'unica unità cui gli avversari riconobbero merito", vien da pensare agli alpini dell'ARMIR ad esempio, di cui si disse "...gli unici che possano considerarsi non vinti in terra di Russia". E già che ci siamo ricordiamo pure che agli alpini in ritirata in Russia, i civili russi offrivano pane e latte, ai tedeschi offrivano al massimo bastonate; si sa di diversi alpini che sposarono donne del posto, o che ritornarono là dopo la guerra, ma non si sa di alcun tedesco che abbia fatto altrettanto.

Ps.
...Questa è soltanto la storia secondo me.  ^_^  Accetto critiche ed eventuali.

« Ultima modifica: Agosto 07, 2013, 22:07:06 pm da Red- »
"La realtà risulta spesso più stupefacente della fantasia. A patto di volerla vedere."

Offline vnd

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Quanto fossero davvero addestrati non saprei, a naso io direi che lo erano meno dei nazisti, i quali davvero erano soldati di prim'ordine, pure se anche loro fanatici e per di più pazzoidi.  :cool:


Una leggerissima correzione.
I soldati tedeschi non erano fanatici.
Le erano le SS. Che erano temute sia da noi che dagli stessi militari tedeschi.

Sentendo i racconti di mio nonno ho sempre avuto la sensazione che vi fosse una certa ammirazione per i tedeschi.
"A disiu che lur a ieru la rasa superiur. E a l'aviu rasun!
Cata mai na machina tedesca, citu."
("Dicevano di essere la razza superiore. E avevano ragione! Non comprare mai una macchina tedesca, piccolo.").

C'era un certo rispetto cavalleresco da parte dei partigiani, verso i soldati tedeschi.
Erano pur sempre soldati di leva. Mandati a combattere lontano da casa loro.
Bene o male, tranne qualche personaggio davvero carismatico, i comandanti partigiani erano ufficiali del Regio Esercito.
La linea di comando verso i vertici del CLN che avevano dichiarato di operare nel rispetto delle convenzioni internazionali del diritto umanitario era ben definita.
La nonna raccontava di un tedesco che era corso ad avvisare dell'imminente rastrellamento e avvertiva le donne: "nascondete uomini!"
Resta sempre il dubbio che si fosse trattato di un gioco sadico piuttosto che di un vero atto di insubortinazione (eroico, soltanto dal nostro punto di vista) ma... tant'è.


Alla fine di un combattimento, raccolti i tedeschi arresisi (che venivano regolarmente usati per lo scambio di prigionieri) i feriti venivano lasciati sul campo perché i partigiani salvo i casi più semplici non avrebbero potuto prestare loro delle cure.
Il capo si rivolse al cap. tedesco, a terra e disse: "Vi lasciamo tutti vivi (tanto per dire) ma lascio a te questi tre feriti".
E il crucco, a quanto pare, se ne prese cura.


Ovviamente lo stesso riguardo non poteva esserci verso  i repubblichini, torturatori e servi dell'occupante, che erano considerati a tutti gli effetti dei traditori, venuti meno al giuramento prestato e, quindi, disprezzati.


Vnd [nick collettivo].

Offline Stendardo

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Quali che siano state le iniziali inibizioni della X Mas alla guerra antipartigiana, venne superate con
la decisione di partecipare alla guerra civile, distogliendosi dalla guerra contro gli angloamericani.
Ogni persona sensata della X Mas doveva a questo punto capire che la guerra non si poteva più
vincere visto che i nazifascisti avevano praticamente contro oramai il mondo intero. Si doveva salvare
l'onore, a questo punto, non puntando più alla vittoria, oramai divenuta impossibile? Benissimo: ci si
concentrava pertanto SOLO sulla guerra contro gli angloamericani e ci si affidava, per vendicare
i propri camerati uccisi da partigiani, alla GNR e alla brigata Muti lasciando che QUESTE facessero il
lavoro sporco. In questo modo la reputazione morale della X Mas sarebbe rimasta cristallina. Così
non si è fatto e la reputazione venne infangata dalle violenze (spesso inutili) compiute dai militi della
Decima con il pretesto della vendetta. Se la X Mas scomparve dopo il 25 Aprile un buon motivo c'è!

A volte sono portato a chiedermi se gli amici qmmisti con cui interloquisco e dibatto leggano ciò che scrivo . Ho ripetuto fino alla nausea in questo thread che in base al diritto internazionale vigente all'epoca la cui fonte principale in tema di diritto bellico era costituita dalla Convenzione dell'Aja , i camerati della Decima agivano legittimamente .
Nessuna macchia (fatti salvi sporadici episodi) quindi nelle azioni contro i partigiani da parte dei camerati della Decima , erano azioni che rientavano nel novero di quelle permesse e contemplate dalla Convenzione dell'Aja .
L’art. 42 della Convenzione dell’Aja dice testualmente:
“La popolazione ha l’obbligo di continuare nelle sue attività abituali astenendosi da qualsiasi attività dannosa nei confronti delle truppe e delle operazioni militari. La potenza occupante può pretendere che venga data esecuzione a queste disposizioni al fine di garantire la sicurezza delle truppe occupanti e al fine di mantenere ordine e sicurezza. Solo al fine di conseguire tale scopo la potenza occupante ha la facoltà, come ultima ratio, di procedere alla cattura e alla esecuzione degli ostaggi“.
Secondo il diritto internazionale (Art. 1 della convenzione dell’Aia del 1907) un atto di guerra materialmente legittimo può essere compiuto solo dagli eserciti regolari ovvero da corpi volontari i quali rispondano a determinati requisiti, cioè abbiano alla loro testa una persona responsabile per i subordinati, abbiano un segno distintivo fisso riconoscibile a distanza e portino apertamente le armi.
Ciò premesso, si può senz’altro affermare che gli attentati messi in atto dai partigiani fossero atti illegittimi di guerra essendo stati compiuti da appartenenti a un corpo sì di volontari che però non rispondevano ad altri requisiti.
Consapevole di questo, il governo del Sud, per mezzo di Badoglio, aveva diramato l’ordine a tutti gli uomini della Resistenza di evitare di fare attentati nelle città, proprio per evitare quel tipo di prevedibili rappresaglie che avrebbero coinvolto anche civili in esercizio del diritto di rappresaglia .
La guerriglia non era contemplata da nessun diritto bellico nazionale e internazionale di ogni paese che ha partecipato al secondo conflitto mondiale ed il diritto di rappresaglia , all'epoca , era una misura contemplata ed applicata sistematicamente da tutti anche dagli americani , dai francesi , dagli inglesi e dai russi .
E poi , francamente , non capisco cosa ci sia di eticamente e moralmente scorretto nel fare la guerra a chi ti fa la guerra .
Per quanto riguarda il fatto che i camerati della Decima avrebbero dovuto abbandonare la lotta perchè ormai era tutto perduto , il mio punto di vista personale e che , al contrario , numerosi avvenimenti storici stanno a dimostrare che  tutti quei popoli che smettono di lottare perchè "non ne vale la pena" finiscono inevitabilmente per tollerare i peggiori soprusi piuttosto che riprendere a lottare per la propria libertà ed autodeterminazione ., finendo per divenire una "colonia" della potenza egemone di turno .
Il vincitore detta sempre le regole al vinto .
Il genio di Carl Phillip Gottlieb Von Clausewitz generale , scrittore e teorico militare prussiano nella sue opera intitolata "Le Tre Confessioni" enuncia in maniera lapidaria questo corollario
"La scandalosa macchia di un vile assoggettamento non può mai essere cancellata . Questa goccia di veleno nel sangue di un popolo trapassa i posteri , paralizza e spegne la forza delle successive generazioni . All'opposto , il tramonto stesso della libertà dopo una lotta sanguinosa e onorevole assicura la risurrezione del popolo ed è il nocciolo vitale dal quale un giorno un nuovo albero trarrà sicure radici."
Il suo saggio "Della guerra" fu utilizzato nei corsi d'accademia di molte nazioni, sia europee che extra europee, affermandosi come uno dei più letti testi di teoria della guerra; il suo successo si internazionalizzò però solo dopo la guerra Franco-Prussiana, quando nelle accademie si diffuse una maggiore curiosità verso l'esercito tedesco, che era riuscito a sconfiggere l'esercito francese, considerato il migliore del mondo fino a quel momento. Il pensiero di von Clausewitz fu notevolmente influenzato dalla filosofia hegeliana, e per questo la fortuna delle sue opere fu condizionata anche dalla diffusione di metodi di ragionare collegati con questa scuola di pensiero. Von Clausewitz, anche per questa ragione, fu molto letto e commentato anche in ambienti marxisti e marxisti-leninisti, e "Della guerra" fece parte dei corsi di studio delle accademie militari sovietiche.
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline Stendardo

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...faccio un pò di storiografia, salvo errori, da quel che ricordo e da appassionato della II GM.
Dunque, la squadriglia Mas in realtà nasce durante la prima guerra mondiale. Serviva un'unità dotata di mezzi navali piccoli e veloci, che potessero causare danni a grandi navi con veloci incursioni. Nacque così il Motoscafo Armato di Siluri, il MAS, appunto.
Nella II GM Il principe Valerio Borghese prese il comando della nuova flotta, E MAS significò Motoscafo Anti Sommergibile o qls del genere, ma in sostanza cambiò poco. Poi arrivò il D'annunzio che, da sborone qual era, li ribattezzò Memento Auder Semper (ricordati sempre di osare), ma l'acronimo in realtà non significava quello, ovviamente.
Gli diedero il nome di "decima" in ricordo della decima legione romana, che a quanto pare si rese famosa per il suo valore. Ma in realtà non esisteva nè la nona e nè la ottava.

Durante la II GM si rese nota per alcune azioni in effetti efficaci. I motoscafi erano dotati di due siluri, di cannoncini e mitragliatrici. Si avvicinavano senza essere visti, colpivano e poi si dileguavano.
Il problema arrivò ad un certo punto, mi pare nel 41 o giù di lì, cioè quando gli alleati montarono i primi prototipi di radar. In quel modo riuscivano e vederli anche da lontano e li facevano fuori come mosche.
E così la flottiglia MAS andò in crisi; poi si riorganizzò e si specializzò in incursioni di tipi diverso, cioè andavano di persona, con muta e bombe, a sabotare le navi nemiche.

Non ricordo come e perchè si adattarono anche ad azioni di terra, forse Standarte lo ricorda.
Dopo l'armistizio e con la RSI, la decima fu mandata a tentare di sgomberare le alpi dai partigiani, in particolare quelle piemontesi, questo perchè i tedeschi pensavano, dopo il D Day, che gli alletati potessero passare di lì per arrivare in Italia, e quindi ordinarono al Duce (ormai servo di Hitler) di mandare là delle truppe per preparare la difesa.
Perchè i tedeschi scelsero proprio la decima non lo so, probabilmente perchè era l'unità meglio armata, addestrata e più motivata. In pratica erano dei fanatici, via.  ^_^  ..Cmq la X MAs non riuscì a sgomberare le alpi dai partigiani.
Quanto fossero davvero addestrati non saprei, a naso io direi che lo erano meno dei nazisti, i quali davvero erano soldati di prim'ordine, pure se anche loro fanatici e per di più pazzoidi.  :cool:
A mio avviso quello che fece a suo modo "grande" la decima fu in primis il loro comandante, Junio Valerio Borghese; pochi lustri fa fu accusato di un tentativo di colpo di stato (il "golpe Borghese"), per ciò fuggì in svizzera (se non erro) e lì morì.

Che cosa fece poi, alla fine, di tanto straordinario io non lo ricordo bene, ma certo non è che conosca per filo e per segno ogni azione della X MAS. :dry:

Come nota a margine, quel che mi pare certo è che non è vero che furono "l'unica unità cui gli avversari riconobbero merito", vien da pensare agli alpini dell'ARMIR ad esempio, di cui si disse "...gli unici che possano considerarsi non vinti in terra di Russia". E già che ci siamo ricordiamo pure che agli alpini in ritirata in Russia, i civili russi offrivano pane e latte, ai tedeschi offrivano al massimo bastonate; si sa di diversi alpini che sposarono donne del posto, o che ritornarono là dopo la guerra, ma non si sa di alcun tedesco che abbia fatto altrettanto.

Ps.
...Questa è soltanto la storia secondo me.  ^_^  Accetto critiche ed eventuali.

Allora Red , mi permetto di fare delle osservazioni laddove personalmente ritengo che ci siano delle inesattezze storiche intendendo che su tutto il resto su cui non intevengo è da ritenersi storicamente veritiero .
Ovviamente chiunque , a sua volta , può esprimere il proprio dissenso personale motivandolo storicamente rispetto al mio punto di vista inerente questi avvenimenti storici .
Non siamo mica come quelle deficienti femministe che per non essere pubblicamente messe in discussione ricorrono sistematicamente alla censura .
D'Annunzio operò prima del Principe Borghese , inoltre , non sono d'accordo che D'Annunzio fosse uno "sborone" in quanto egli oltre ad essere scrittore, poeta, drammaturgo, aviatore, militare, politico e giornalista italiano si conquistò sul campo di battaglia il suo valore come soldato .
Ottimo aviatore, nel settembre 1915 partecipò a un'incursione aerea su Trento e nei mesi successivi, sul fronte carsico, a un attacco lanciato sul monte San Michele nel quadro delle battaglie dell'Isonzo. Il 16 gennaio del 1916, a seguito di un atterraggio d'emergenza, nell'urto contro la mitragliatrice dell'aereo riportò una lesione all'altezza della tempia e dell'arcata sopraccigliare destra. La ferita non curata per un mese provocò la perdita dell'occhio.
In quei mesi compose il Notturno utilizzando delle sottili strisce di carta che gli permettevano di scrivere nella più completa oscurità, necessaria per la convalescenza dalla ferita che l'aveva temporaneamente accecato.
Tuttavia, ben presto tornò a combattere. Contro i consigli dei medici, continuò a partecipare ad azioni belliche aeree e di terra: nel settembre 1916 a un'incursione su Parenzo e, nell'anno successivo (1917), con la III Armata, alla conquista del Veliki e al cruento scontro presso le foci del Timavo nel corso della decima battaglia dell'Isonzo. Nel marzo 1918 con il grado di maggiore, assume il comando della Squadra aerea di San Marco .
Fonte : http://www.retecivica.trieste.it/triestecultura/dannunzio/eilvolo.asp .
Le imprese aeree contro il porto di Cattaro (1917) e il Volo su Vienna e la partecipazione sui MAS alla Beffa di Buccari (1918) completarono il suo stato di servizio. Al termine del conflitto «egli apparteneva di diritto alla generazione degli assi e dei pluridecorati...» e il coraggio dimostrato, unitamente ad alcune celebri imprese di cui era stato protagonista, ne consolidarono ulteriormente la popolarità. Si congedò con il grado di tenente colonnello, inusuale, all'epoca, per un militare non di carriera. 

Il Volo su Vienna .
Fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/Volo_su_Vienna

Volo su Vienna
 
Il volo su Vienna del 9 agosto 1918 fu una trasvolata compiuta da 11 Ansaldo S.V.A. dell'87ª Squadriglia Aeroplani, detta la Serenissima. Dieci erano monoposto, pilotati da Antonio Locatelli, Girolamo Allegri detto fra' Ginepro, Lodovico Censi, Aldo Finzi, Pietro Massoni, Giordano Bruno Granzarolo, Giuseppe Sarti, Francesco Ferrarin, Masprone e Contratti; l'ultimo era un biposto pilotato dal Capitano Natale Palli. Il Maggiore Gabriele d'Annunzio, comandante della Squadra Aerea S. Marco, era nell'abitacolo anteriore; con loro Garibaldo Marussi, di nove anni, figlio di Nino Marussi, scultore fiumano, amico di Gabriele d'Annunzio.
 
Il volo era stato progettato dallo stesso D'Annunzio, più di un anno prima, ma difficoltà tecniche, legate soprattutto al problema dell'autonomia degli apparecchi per un volo di mille chilometri, avevano indotto il Comando Supremo dapprima a negare il consenso e poi a ordinare delle prove di collaudo. Il 4 settembre del 1917 D'Annunzio aveva compiuto un volo di dieci ore senza particolari problemi, così l'autorizzazione necessaria all'impresa arrivò sotto forma di un bizzarro messaggio che avrebbe voluto attingere al dannunzianesimo (moda dell'epoca):
 


« Il volo avrà carattere strettamente politico e dimostrativo; è quindi vietato di recare qualsiasi offesa alla città ... Con questo raid l'ala d'Italia affermerà la sua potenza incontrastata sul cielo della capitale nemica.
 
Sarà vostro Duce il Poeta, animatore di tutte le fortune della Patria, simbolo della potenza eternamente rinnovatrice della nostra razza.
 Questo annunzio sarà il fausto presagio della Vittoria»
 

Un primo tentativo venne compiuto il 2 agosto, ma a causa della nebbia i 13 apparecchi che vi parteciparono dovettero rinunciare. Un secondo tentativo si compì l'8 agosto, ma il vento contrario fece rinunciare anche questa volta. Finalmente la mattina del 9 agosto, alle ore 05:50, dal campo di aviazione di San Pelagio (Due Carrare - Padova) partirono undici apparecchi. I velivoli di Ferrarin, Masprone e Contratti dovettero atterrare non appena partiti, mentre Sarti fu costretto ad atterrare per noie al motore, posandosi sul campo di Wiener Neustadt ed incendiando lo S.V.A. prima della cattura.
 
Gli altri nove compirono l'impresa, giungendo su Vienna alle 9:20 e lanciando 50 000 copie di un manifestino in italiano preparato da D'Annunzio che recitava:
 


« In questo mattino d'agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l'anno della nostra piena potenza, l'ala tricolore vi apparisce all'improvviso come indizio del destino che si volge.
 
Il destino si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. È passata per sempre l'ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta.
 La vostra ora è passata. Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina e predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebbrezza che moltiplica l'impeto. Ma, se l'impeto non bastasse, basterebbe il numero; e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno. L'Atlantico è una via che già si chiude; ed è una via eroica, come dimostrano i nuovissimi inseguitori che hanno colorato l'Ourcq di sangue tedesco.
 Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell'arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell'ora che sceglieremo.
 Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino.
 Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi.
 Viva l'Italia! »
 

Il testo di D'Annunzio venne giudicato mancante di efficacia, nonché impossibile da rendere correttamente in tedesco, da Ferdinando Martini che così commentò:
 


« Quando D'Annunzio fece le sue prime prove come soldato, la gente, poco fidando nel suo valore o nella sua bellica abilità, disse: "Scriva e non faccia". Ora io dico di lui, dopo altre molte prove: "Faccia e non scriva" »
 


(Ferdinando Martini)
 

Furono perciò lanciate anche 350 000 copie di un secondo, più pratico quanto efficace, manifestino scritto da Ugo Ojetti e tradotto in tedesco:
 




VIENNESI!
 
Imparate a conoscere gli italiani.
 Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà.
 Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne.
 Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d'odio e d'illusioni.
 VIENNESI!
 
Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l'uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s'è volto contro di voi.
 Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane dell'Ucraina: si muore aspettandola.

 POPOLO DI VIENNA, pensa ai tuoi casi. Svegliati! VIVA LA LIBERTÀ! VIVA L'ITALIA! VIVA L'INTESA!

Un comunicato ufficiale del Comando Supremo riportò:
 


« Zona di guerra, 9 agosto 1918. Una pattuglia di otto apparecchi nazionali, un biposto e sette monoposti, al comando del maggiore D'Annunzio, ha eseguito stamane un brillante raid su Vienna, compiendo un percorso complessivo di circa 1.000 chilometri, dei quali oltre 800 su territorio nemico. I nostri aerei, partiti alle ore 5:50, dopo aver superato non lievi difficoltà atmosferiche, raggiungevano alle ore 9:20 la città di Vienna, su cui si abbassavano a quota inferiore agli 800 metri, lanciando parecchie migliaia di manifesti.
 Sulle vie della città era chiaramente visibile l'agglomeramento della popolazione.
 
I nostri apparecchi, che non vennero fatti segno ad alcuna reazione da parte del nemico, al ritorno volarono su Wiener-Neustadt, Graz, Lubiana e Trieste. La pattuglia partì compatta, si mantenne in ordine serrato lungo tutto il percorso e rientrò al campo di aviazione alle 12:40.
 
Manca un solo nostro apparecchio che, per un guasto al motore, sembra sia stato costretto ad atterrare nelle vicinanze di Wiener-Neustadt. »
 

In effetti non vi fu reazione da parte delle forze austroungariche: solo due caccia austriaci che avevano avvistato la formazione si affrettarono ad atterrare per avvertire il comando, ma non furono creduti.
 
L'impressione che questo raid produsse in Italia e nel mondo fu enorme. A Roma fu lanciata la proposta d'incoronare D'Annunzio sul Campidoglio, ma egli rifiutò.
 
Il ritorno avvenne dopo poco più di 7 ore e mille chilometri di volo, sempre allo stesso aeroporto di partenza.
 
Il valore propagandistico dell'impresa fu soprattutto a uso interno italiano, mentre l'episodio fu militarmente irrilevante.
 
L'episodio fece molta impressione anche a Vienna . I manifestini vennero gelosamente conservati dai viennesi, tanto più in un momento in cui c'era forte penuria di alimenti e tanta sfiducia nelle sorti della guerra. Il sorvolo di D'Annunzio e le parole di Ojetti creavano ulteriori apprensioni da parte dei viennesi, che, oltre ai problemi interni, sentivano arrivare dal fronte di guerra le voci del malcontento dei loro soldati.
 






 







 




 
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

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La Beffa di Buccari .

Fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/Beffa_di_Buccari

Beffa di Buccari

La beffa di Buccari è un raid militare nella baia di Buccari (in croato Bakar), portato a termine da incursori della Regia Marina su MAS, nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918, durante la Prima guerra mondiale.
 
Nonostante le limitate conseguenze materiali, tale azione ebbe l'effetto di risollevare il morale italiano, fortemente messo a dura prova dallo sfondamento di Caporetto di alcuni mesi prima. Dopo la vittoriosa incursione su Trieste del dicembre 1917, in cui i MAS 9 e 13, rispettivamente guidati da Luigi Rizzo e Andrea Ferrarini, affondarono la corazzata austro-ungarica Wien e danneggiarono la Budapest, fu decisa un'azione di forzamento della baia di Buccari dove erano stanziate diverse unità navali nemiche.
 
I preparativi
 
Il 9 gennaio 1918 l'ammiraglio Luigi Cito emanò le direttive con foglio d'ordini 148 RR.P., e il giorno seguente l'ammiraglio Casanova, comandante della Divisione Navale di Venezia emanò gli ordini dettagliati per l'esecuzione dell'operazione contro la baia di Buccari. Le condizioni meteorologiche però non consentirono l'effettuazione dell'uscita e questa venne rinviata fino al 4 febbraio, quando una ricognizione di un idrovolante su Pola, Fiume e Buccari segnalò la presenza di quattro unità nemiche nella rada di Buccari[2]; così il 7 febbraio, tramite il foglio 514 RR.P. e l'8 con il foglio 60 RR. vennero nuovamente emanati gli ordini esecutivi per un'azione nella baia di Buccari[3]. Le unità designate all'operazione furono il MAS 94 (sottotenente di vascello CREM Andrea Ferrarini), il MAS 95 (tenente di vascello compl. Profeta De Santis), e il MAS 96 (capitano di corvetta Luigi Rizzo) con a bordo il comandante di missione capitano di fregata Costanzo Ciano[3] e Gabriele D'Annunzio[1].
 
Gli ordini prevedevano la costituzione di tre gruppi navali di cacciatorpediniere ed esploratori a traino e sostegno dei tre MAS:
 1º gruppo (capitano di fregata Pietro Lodolo) composto dall'esploratore Aquila e dai caccia Acerbi, Sirtori, Stocco, Ardente e Ardito; le unità dovevano ancorarsi a Porto Levante e tenersi pronte ad intervenire su ordine del Comando in Capo di Venezia.
 2º gruppo (capitano di fregata Arturo Ciano) composto dai caccia Animoso, Audace e Abba che dovevano rimorchiare i MAS fino a 20 miglia a ponente dell'isola di Sansego (punto "O"), qui avrebbe ceduto a rimorchio i MAS alle torpediniere e si sarebbe riposizionato ad una distanza di 50 miglia da Ancona per fornire assistenza ai MAS nella fase di rientro.
 3º gruppo (capitano di corvetta Matteo Spano) composto dalle torpediniere 18 P.N., 13 P.N. e 12 P.N., avrebbe rimorchiato i MAS fino alla congiungente Punta Kabile di Cherso - Punta Sant'Andrea (punto "A")[3].
 
Inoltre il sommergibile F5 sarebbe rimasto in agguato in un'area di 15 miglia a ponente di Pola e il sommergibile F3 a 15 miglia a sud di Capo Promontore[4].
 
L'azione
 
La baia di Buccari
Dopo quattordici ore di navigazione, alle 22.00 circa del 10 febbraio, i tre MAS iniziarono il loro pericoloso trasferimento dalla zona compresa tra l'isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari dove, secondo le informazioni dello spionaggio, sostavano unità nemiche sia mercantili sia militari[1].
 


« Partiti da Venezia alle 10:45 il rimorchio durò fino alle 18:15, quando i cavi di rimorchio furono passati alle torpediniere. »
 

Questo il rapporto dell'Animoso che insieme agli altri caccia del 2º gruppo si sarebbe poi diretto verso Ancona, mentre dal rapporto della torpediniera 18 P.N.:
 


« Alle 18:30 assunta la formazione in linea di fila con i MAS al rimorchio dirigo verso l'isola di Unie[5]. »
 


Alle ore 22:15, giunti in prossimità del punto previsto, i MAS lasciarono i rimorchi e le siluranti diressero per il rientro. I tre motoscafi iniziarono quindi l'attraversamento della stretta della Farasina, senza che la batteria di Porto Re li scorgesse, e, giunti ad un miglio dalla costa, spensero i motori a scoppio per azionare quelli elettrici. Alle 0:35 i MAS giunsero all'imboccatura della baia di Buccari senza incontrare ostruzioni e individuarono gli obiettivi, tre piroscafi da carico e uno passeggeri. I bersagli vennero quindi suddivisi tra i tre MAS: il MAS 96 piroscafo 1, il MAS 94 sarebbe stato l'unico a dover colpire due piroscafi, 2 e 3, e il MAS 95 il piroscafo 4[6].
 




Due MAS in esercitazione, 1918 circa.
Alle 01:20 i MAS lanciarono i loro siluri; il MAS 95 lanciò un siluro contro l'albero di trinchetto e un siluro al centro sotto il fumaiolo del piroscafo 4; il MAS 94 lanciò un siluro al centro del piroscafo 2 e al centro del piroscafo 3, mentre il MAS 96 lanciò due siluri al fumaiolo di cui uno esplose. Dei sei siluri lanciati solo uno esplose, a dimostrazione che le unità erano protette da reti antisiluranti e che lo scoppio del secondo siluro del MAS 96 indicava la probabile rottura della rete col primo siluro che consentì la penetrazione del secondo[6]. Allo scoppio del siluro l'allarme fu immediato e i MAS presero subito la via del rientro e, giunti al punto di riunione prestabilito, rientrarono ad Ancona alle 7:45.
 
Le unità italiane riuscirono a riguadagnare il largo tra l'incredulità dei posti di vedetta austriaci che non credettero possibile che unità italiane fossero entrate fino in fondo al porto e che non reagirono con le armi, ritenendo dovesse trattarsi di naviglio austriaco[1]. Tre bottiglie suggellate dai colori nazionali furono lasciate su galleggianti nella parte più interna della baia di Buccari, con all'interno un messaggio scritto da D'Annunzio, fatto che dette all'azione l'appellativo di "beffa di Buccari"[6].
 
I risultati dell'azione
 
Dal punto di vista tattico-operativo, l'azione fece emergere la totale mancanza di coordinamento nel sistema di vigilanza costiero austriaco e le numerose lacune difensive presenti, che resero possibile questa audace azione dei marinai italiani. D'altro canto però le navi, protette dalle reti, non riportarono alcun danno materiale. L'impresa costrinse il nemico ad un maggiore impegno di energie in nuovi adattamenti difensivi e di vigilanza e comunque ebbe una pesante influenza negativa sul morale austriaco[7].
 
Ma l'impresa di Buccari ebbe una grande risonanza in Italia, in una fase della guerra in cui gli aspetti psicologici stavano acquistando un'incredibile importanza. D'Annunzio ebbe un ruolo principale in questo, il messaggio lasciato nelle tre bottiglie ebbe grande diffusione e contribuì a risollevare il morale dell'esercito impegnato sul Piave[1].
 


« In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d'Italia, che si ridono d'ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre a osare l'inosabile. E un buon compagno, ben noto - il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro - è venuto con loro a beffarsi della taglia »
 


(Testo del messaggio lasciato da D'Annunzio nelle acque di Buccari.)
 

Per l'Italia, che si stava riorganizzando dopo il disastro di Caporetto, l'eco della riuscita nell'impresa fu notevole e rinvigorì lo spirito dei soldati e della popolazione. L'entusiasmo avrebbe raggiunto il culmine pochi mesi dopo con il famoso Volo su Vienna. Dell'avventura della Baia di Buccari resta un libriccino edito nel 1918 dai consueti editori dannunziani, i Fratelli Treves, dal titolo: La Beffa di Buccari - con aggiunti La Canzone del Quarnaro, Il catalogo dei Trenta di Buccari, Il Cartello Manoscritto e Due Carte Marine. Il testo è completato dalle strofe de La Canzone del Quarnaro che, al tempo, ebbe notevole fama (successivamente il testo fu musicato da Luigi Dallapiccola nel 1930).
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

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Impresa di Fiume .

Fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/Impresa_di_Fiume

L'Impresa di Fiume fu l'avvenimento storico in occasione del quale Gabriele D'Annunzio guidò un gruppo di circa 2.600 militari ribelli del Regio Esercito - i Granatieri di Sardegna - da Ronchi, presso Monfalcone, a Fiume, città della quale D'Annunzio proclamò l'annessione al Regno d'Italia il 12 settembre 1919.
 
Osteggiato dal governo italiano, D'Annunzio tentò di resistere alle pressioni che gli giungevano dall'Italia. Nel frattempo, l'approvazione del Trattato di Rapallo, il 12 novembre 1920, trasformò Fiume in uno stato indipendente. D'Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro. Il 24 dicembre 1920 l'esercito italiano procedette con la forza allo sgombero dei legionari fiumani dalla città.
 
Filippo Tommaso Marinetti, durante il periodo della sua presenza a Fiume nel settembre 1919, definì gli autori dell'impresa disertori in avanti.
 
Antefatti
 
Secondo il censimento ungherese del 1910 (nel quale fu richiesta la lingua d'uso), la popolazione di Fiume era pari a 49.806 abitanti, e così suddivisa: 24.212 dichiaravano di avere come lingua d'uso l'italiano, 12.926 il serbocroato e altre lingue, soprattutto ungherese, sloveno e tedesco. Nel censimento non si consideravano i dati della località di Sussak, quartiere a maggioranza croata sorto in epoca recente a est della Fiumara. Quest'ultimo era il corso d'acqua che suddivideva la municipalità di Fiume (formalmente dipendente dalla Corona Ungherese in qualità di Corpus Separatum) dal Regno di Croazia. La città di Fiume aveva sempre lottato contro la propria annessione al Regno di Croazia, reclamata invece dalla minoranza croata.
 
Alla conclusione del primo conflitto mondiale, dalle trattative di pace, l'Italia ottenne le terre irredente di Trento e Trieste ma l'opposizione del presidente americano Woodrow Wilson condusse a una situazione di stallo per quanto riguardava la Dalmazia e Fiume, non promessa all'Italia col patto di Londra e reclamata dagli italiani in quanto abitata prevalentemente da connazionali. Inoltre già nell'ottobre 1918 a Fiume si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava l'annessione all'Italia.[1] di cui fu nominato presidente Antonio Grossich. I rappresentanti italiani a Parigi Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino, dopo aver polemicamente abbandonato il tavolo delle trattative il 24 aprile, non avendo colto risultati sperati vi fecero ritorno il 5 maggio.
 
La marcia su Fiume
 

A Fiume, già ad aprile Giovanni Host-Venturi e Giovanni Giuriati avevano iniziato a creare una Legione fiumana costituita da volontari per difendere la città in particolare dal contingente francese, filo-jugoslavo.[2]
 
Nel frattempo Gabriele D'Annunzio si era recato a Roma per tenere una serie di comizi in favore dell'italianità di Fiume. I discorsi infuocati di D'Annunzio suscitarono l'emozione soprattutto dei moltissimi giovani reduci che ritornati dalla guerra erano rimasti disoccupati.[3] In particolare si insistette sull'onta della vittoria mutilata che induceva un revanscismo delle aspettative di carattere nazionalista. Intanto a Fiume la situazione diveniva sempre più incandescente e si susseguivano costantemente manifestazioni della popolazione a favore dell'italianità della città e incidenti tra i vari reparti delle quattro nazioni che al termine del conflitto avevano occupato la città (italiani, francesi, inglesi, americani). A Parigi si decisero così alcune sanzioni e l'allontanamento dei Granatieri di Sardegna, reparto che si era dimostrato particolarmente irrequieto. I Granatieri, sotto il comando del generale Mario Grazioli, lasciarono Fiume il 25 agosto 1919 sfilando in mezzo alla popolazione di Fiume che cercò di trattenerli con suppliche e manifestazioni di italianità[4]. I Granatieri di Sardegna si acquartierarono a Ronchi. Da qui sette ufficiali inviarono a D'Annunzio una lettera in cui lo invitavano a porsi a capo di una spedizione che a Fiume ne rivendicasse l'italianità:
 


« Sono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. È Fiume che per le loro bocche vi parla. Quando, nella notte del 25 agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne sarete stato ragguagliato, non potete immaginare quale fremito di entusiasmo patriottico abbia invaso il cuore del popolo tutto di Fiume… Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l'unità d'Italia: Fiume o morte! e manterremo, perché i granatieri hanno una fede sola e una parola sola. L'Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo. »
 


(Dalla lettera inviata a D'Annunzio da alcuni ufficiali dei Granatieri di Sardegna)
 

La Marcia di Ronchi
 
Dopo alcuni giorni D'Annunzio ruppe gli indugi e garantì il proprio arrivo a Ronchi per il 7 settembre, ma a causa di una intempestiva febbre poté onorare il proprio impegno solo l'11 dello stesso mese. Intanto a Ronchi erano già arrivati numerosi volontari.
 
D'Annunzio informò Mussolini solo il giorno prima della partenza[5] per Fiume quando, sciolta ogni riserva, gli inviò una lettera chiedendogli sostegno.
 
« Mio caro compagno, il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile... Sostenete la Causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio. »
 
(Dalla lettera inviata da D'Annunzio a Mussolini immediatamente prima della partenza per Fiume[6])
 

Qui giunsero anche i volontari al seguito del tenente Guido Keller dotati di autocarri su cui presero posto buona parte dei convenuti. Il 12 settembre i granatieri comandati dal maggiore Carlo Reina[7] intrapresero la Marcia di Ronchi. Messisi in viaggio verso Fiume, alla colonna via via si unirono altri volontari tra cui alcuni gruppi di bersaglieri che in realtà avrebbero dovuto bloccarlo[8]. Oltrepassato il confine presidiato dal generale Vittorio Emanuele Pittaluga, dopo essersi congiunto con la Legione Fiumana di Host-Venturi, D'Annunzio prese possesso della città acclamato dalla popolazione italiana e dai volontari lì presenti. Nel pomeriggio D'Annunzio proclamò l'annessione all'Italia di Fiume.
 


« Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è Fiume! Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di abiezione... Io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, credo di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d'Italia proclamando l'annessione di Fiume. »
 


(Dal discorso tenuto da D'Annunzio il 12 settembre dal Palazzo del Governo di Fiume)
 

Questa giornata sarà in seguito celebrata dallo stesso poeta come il giorno della "Santa Entrata", ricalcando il nome col quale per secoli venne ricordato l'ingresso dei rappresentanti veneziani a Zara nel 1409.
 
Il giorno seguente i francesi e gli inglesi preferirono evitare che l'azione finisse in un bagno di sangue, anche se alcuni morti in realtà vi furono. Arrivò a Fiume il 22 settembre la Nave della Regia marina "Cortellazzo" (ex incrociatore Marco Polo) che si unì ai legionari di D'Annunzio.
 
Le reazioni del governo Nitti
 
D'Annunzio costituì un "Gabinetto di Comando" al cui vertice pose Giovanni Giuriati.
 
Il governo italiano guidato da Francesco Saverio Nitti disconobbe l'azione del Vate e, intenzionato a ottenere la resa e l'abbandono della città da parte dei legionari, nominò Commissario straordinario per la Venezia-Giulia Pietro Badoglio, con il compito di risolvere la situazione. Il nuovo commissario straordinario fissò la propria sede a Trieste e come primo atto fece gettare dei volantini su Fiume in cui si minacciavano i legionari di essere considerati disertori e quindi di poter essere puniti dai Tribunali militari.
 
L'ultimatum di Badoglio non fu accolto e non sortì alcun effetto. Nitti allora decise di porre la città sotto assedio impedendo l'afflusso di viveri. A ciò D'Annunzio rispose in maniera sprezzante chiamando in causa Nitti:
 


« Impotente a domarci. Sua indecenza la Degenerazione adiposa si propone di affamare i bambini e le donne che con le bocche santificate gridano "Viva l'Italia"... Raccogliete pel popolo di Fiume viveri e denaro! »
 


(Da un appello scritto da D'Annunzio al popolo italiano)
 

Il 16 settembre inviò anche una polemica lettera a Mussolini contestandogli lo scarso impegno finanziario nell'impresa:
 


« Mio caro Mussolini, mi stupisco di voi e del popolo italiano. Io ho rischiato tutto, ho fatto tutto, ho avuto tutto. Sono padrone di Fiume, del territorio, d'una parte della linea d'armistizio, delle navi; e dei soldati che non vogliono obbedire se non a me. Nessuno può togliermi di qui. Ho Fiume; tengo Fiume finché vivo, inoppugnabilmente. E voi tremate di paura! Voi che lasciate mettere sul collo il piede porcino del più abbietto truffatore che abbia mai illustrato la storia del canagliume universale. Qualunque altro paese - anche la Lapponia - avrebbe rovesciato quell'uomo, quegli uomini. E voi stete lì a cianciare, mentre noi lottiamo d'attimo in attimo, con un'energia che fa di quest'impresa la più bella dopo la dipartita dei Mille. Dove sono i combattenti, gli arditi, i volontari, i futuristi? Io ho tutti soldati qui, tutti soldati in uniforme, di tutte le armi. È un'impresa di regolari. E non ci aiutate neppure con sottoscrizioni e collette. Dobbiamo fare tutto da noi, con la nostra povertà. Svegliatevi! E vergognatevi anche. Se almeno mezza Italia somigliasse ai Fiumani, avremmo il dominio del mondo. Ma Fiume non è se non una cima solitaria dell'eroismo, dove sarà dolce morire ricevendo un ultimo sorso della sua acqua. Non c'è proprio nulla da sperare? E le vostre promesse? Bucate almeno la pancia che vi opprime, e sgonfiatela. Altrimenti verrò io quando avrò consolidato qui il mio potere. Ma non vi guarderò in faccia. Su! Scuotetevi, pigri nell'eterna siesta! Io non dormo da sei notti; e la febbre mi divora. Ma sto in piedi. E domandate come, a chi m'ha visto. Alalà »
 


(La lettera inviata da D'Annunzio a Benito Mussolini direttore del Popolo d'Italia)
 

Questa lettera apparve sul Popolo d'Italia il 20 settembre emendata dalle parti più polemiche (quelle che appaiono in corsivo). Al riguardo è da rimarcare che mai in seguito D'Annunzio contestò la censura alla sua lettera. Mussolini avviò rapidamente una sottoscrizione pubblica per finanziare Fiume che raccolse quasi tre milioni di lire. Una prima tranche di denaro, ammontante a 857.842 lire, fu consegnata a D'Annunzio ai primi di ottobre, altro denaro in seguito. Parte del denaro, con un'autorizzazione pubblica del poeta, fu utilizzata per finanziare lo squadrismo milanese.[9]
 


« Mio caro Benito Mussolini, chi conduce un'impresa di fede e di ardimento, tra uomini incerti o impuri, deve sempre attendersi d'essere rinnegato e tradito "prima che il gallo canti per la seconda volta". E non deve addontarsene né accorarsene. Perché uno spirito sia veramente eroico, bisogna che superi la rinnegazione e il tradimento. Senza dubbio voi siete per superare l'una e l'altro. Da parte mia, dichiaro anche una volta che - avendo spedito a Milano una compagnia di miei legionari bene scelti per rinforzo alla vostra e nostra lotta civica - io vi pregai di prelevare dalla somma delle generosissime offerte il soldo fiumano per quei combattenti. Contro ai denigratori e ai traditori fate vostro il motto dei miei "autoblindo" di Ronchi, che sanno la via diritta e la meta prefissa.
 Fiume d'Italia, 15 febbraio 1920 Gabriele D'Annunzio. »
 
Intanto il 25 settembre tre battaglioni di bersaglieri destinati all'assedio della città, lasciate le proprie posizioni completi di armi e salmerie disertarono e raggiunsero i legionari. L'avvenimento spinse Badoglio a rassegnare le proprie dimissioni, che furono però respinte.[10]
 
Il 7 ottobre Mussolini si recò a Fiume dove incontrò D'Annunzio, mentre il 10 dello stesso mese gli Uscocchi presero possesso di un'imbarcazione carica di armi e munizioni.
 
Al fine di risolvere la situazione che si rendeva sempre più esplosiva Nitti acconsentì a tentare una soluzione più diplomatica. In effetti a partire dal 20 ottobre 1919 cominciarono degli incontri tra Badoglio e D'Annunzio che, durati circa due mesi, non approdarono ad alcun accordo.
 
Il 26 ottobre si tennero a Fiume le elezioni che videro scontrarsi le due principali compagini politiche, da una parte i fautori dell'annessione all'Italia guidati da Riccardo Gigante e dall'altra parte gli autonomisti guidati da Riccardo Zanella. Vinse la lista annessionistica con circa il 77% dei consensi e Gigante divenne sindaco della città venendo ufficialmente proclamato il 26 novembre.
 
La spedizione a Zara
 
Mentre ancora duravano gli incontri con Badoglio, D'Annunzio il 14 novembre prese l'iniziativa di recarsi a Zara. Infatti il 14 novembre si imbarcò sulla nave Nullo insieme a Guido Keller, Giovanni Giuriati, Giovanni Host-Venturi e Luigi Rizzo. A Zara venne benevolmente accolto dall'ammiraglio Enrico Millo, divenuto governatore di quei territori occupati, che davanti al Vate prese solennemente l'impegno di non abbandonare la Dalmazia finché questa non fosse stata ufficialmente annessa all'Italia.
 
Alle Elezioni politiche italiane del 1919 tenutesi il 16 novembre Francesco Saverio Nitti fu riconfermato al governo (Governo Nitti II).
 
La questione del plebiscito
 
Il nuovo governo italiano preparò un nuovo testo (definito Modus vivendi), che consegnò a D'Annunzio il 23 novembre. Con questo testo il governo italiano si impegnava innanzitutto a impedire che la città potesse essere annessa al nuovo stato jugoslavo e ad ottenere per essa l'annessione all'Italia o almeno di conferirle lo status di 'città libera', con relative garanzie e statuto speciale. D'Annunzio rifiutò il testo reclamando l'annessione immediata, ma nella notte il testo fu affisso sui muri della città per portarlo alla conoscenza dei cittadini fiumani. Su di esso si poteva leggere:
 


« L'annessione formale, oggi è assolutamente impossibile. Però il governo d'Italia assume solenne l'impegno e vi dà formale garanzia che l'annessione possa avvenire in un periodo prossimo...
 Cittadini! Se voi rifiutate queste proposte, voi comprometterete in modo fors'anche irreparabile la città, i vostri ideali, i vostri più vitali interessi. Decidete! Decidete voi, che siete figli e i padroni di voi e di Fiume, e non permettete, non tollerate che altri abusino del vostro nome, del vostro diritto, e degli interessi supremi d'Italia e di Fiume. »
 


(Parte del testo del volantino affisso nottetempo sui muri di fiume per conto del governo italiano)
 

Il 15 dicembre il Consiglio nazionale della città di Fiume approvò le proposte del governo italiano con 48 voti favorevoli e 6 contrari. Gli elementi più accesi della popolazione e dei legionari contestarono le decisioni prese dal Consiglio arrivando anche a intimidire gli elementi più moderati pertanto si preferì indire un plebiscito per decidere il da farsi. Molti legionari favorevoli a continuare l'occupazione della città si lasciarono anche andare a intimidazioni nei confronti degli elementi più moderati ottenendo la benevola tolleranza del Vate.[11] La rivista nazionalista "La Vedetta d'Italia" fu chiusa per qualche giorno.[12]
 
Il testo del quesito fu il seguente:
 


« È da accogliersi la proposta del governo italiano dichiarata accettabile dal Consiglio nazionale nella seduta del 15 dicembre 1919, sciogliendo Gabriele d'Annunzio e i suoi legionari dal giuramento di tenere Fiume fino a che l'annessione non sia decretata e attuata?. »
 


(Testo del plebiscito votato dai cittadini fiumani il 18 dicembre 1919)
 

Lo scrutinio iniziò la sera stessa mostrando un andamento nettamente favorevole all'accoglimento delle proposte italiane, ma allo stesso tempo legionari contrari alla piattaforma proposta dal governo italiano bloccarono lo scrutinio sequestrando anche le urne.[13] D'Annunzio decise allora di sospendere lo stesso e di invalidarlo.
 


« Mi sono state riferite e provate le irregolarità commesse da una parte e dall'altra durante la votazione plebiscitaria: le giudico di tale natura da togliere alla votazione ogni efficacia di decisione... »
 


(Con queste parole D'Annunzio decise di invalidare il plebiscito)
 

Badoglio dal canto suo interruppe ogni possibile ulteriore trattativa e lasciò l'incarico. Al suo posto subentrò il generale Enrico Caviglia. A Fiume invece il capo gabinetto Giovanni Giuriati adirato per l'annullamento del plebiscito si dimise scrivendo a D'Annunzio:
 


« Io sono venuto a Fiume per difendere le secolari libertà di questa terra, non per violentarle o reprimerle »
 


(Testo della lettera con la quale Giovanni Giuriati rassegnò le proprie dimissioni da capo gabinetto)
 

Gli subentrò Alceste De Ambris, ex sindacalista rivoluzionario e interventista, giunto a Fiume nel gennaio del 1920.
 
Il gabinetto De Ambris
 
In quei giorni, anche a causa di un cambio di rotta in senso rivoluzionario e popolare impresso dallo stesso De Ambris, si iniziarono a temere in Italia ipotesi di svolte in senso repubblicano e addirittura il timore di un tentativo di colpo di stato.
 
Filippo Turati in quei giorni scrisse:
 


« Il povero Nitti è furibondo per le indegne cose di Fiume […]. Non solo proclamano la repubblica di Fiume, ma preparano lo sbarco in Ancona, due raid aviatori armati sopra l'Italia e altre delizie del genere. Fiume è diventato un postribolo, ricetto di malavita e di prostitute più o meno high-life. Nitti mi parlò di una marchesa Incisa, che vi sta vestita da ardita con tanto di pugnale. Purtroppo non può dire alla Camera tutte queste cose, per l'onore d'Italia. »
 

Nella stessa Fiume gli ufficiali del Regio esercito vivevano con disagio la nuova situazione tanto che lo stesso generale Caviglia pensò di poter fruttare un eventuale dissidio interno alla città tra monarchici e repubblicani. Inoltre alcune decisioni dello stesso D'Annunzio alimentavano i dubbi e le polemiche interne. Nel marzo 1920 un furto compiuto da alcuni legionari ai danni di alcuni commercianti scatenò le ire del capitano dei Carabinieri Rocco Vadalà, che richiese al Vate lo scioglimento dal giuramento per poter abbandonare la città. Dopo alcune resistenze iniziali i Reali Carabinieri abbandonarono la città seguiti da alcuni ufficiali di altre armi.
 
Al contempo il problema degli approvvigionamenti diventò sempre più pressante tanto che circa quattromila bambini dovettero sfollare da Fiume con il supporto dei Fasci Italiani di Combattimento e delle organizzazioni femminili.[14]
 
Il 22 aprile gli autonomisti di Riccardo Zanella, ostili ai legionari dannunziani, con l'appoggio dei socialisti, proclamarono lo sciopero generale.[15]
 
L'11 maggio cadde il governo presieduto da Francesco Saverio Nitti. Al suo posto subentrò un nuovo governo presieduto da Giovanni Giolitti, che si insediò il 15 maggio.
 
La Reggenza Italiana del Carnaro
 
 
Proclamazione della Reggenza italiana del Carnaro.
La situazione di stallo in cui si trovava la città di Fiume da ormai diversi mesi, e forse la rinuncia ufficiale dell'Ungheria a ogni diritto sull'antico possedimento, spinsero D'Annunzio a una nuova azione, la proclamazione di uno stato indipendente, la Reggenza Italiana del Carnaro, proclamata ufficialmente il 12 agosto 1920.
 


« La vostra vittoria è in voi. Nessuno può salvarvi, nessuno vi salverà: non il Governo d'Italia che è insipiente ed è impotente come tutti gli antecessori; non la nazione italiana che, dopo la vendemmia della guerra, si lascia pigiare dai piedi sporchi dei disertori e dei traditori come un mucchio di vinacce da far l'acquerello... Domando alla Città di vita un atto di vita. Fondiamo in Fiume d'Italia, nella Marca Orientale d'Italia, lo Stato Libero del Carnaro. »
 


(Dal discorso di D'Annunzio del 12 agosto 1920 in cui proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro)
 

L'8 settembre, pochi giorni dopo la proclamazione dell'indipendenza fu promulgata la Carta del Carnaro. La politica dannunziana a Fiume, anche per via di tentennamenti, non fu univoca. Se l'obiettivo di partenza era il ricongiungimento di Fiume all'Italia, in seguito, vista l'impossibilità di raggiungere tale obiettivo tentò di costituire uno stato indipendente. La struttura di questo nuovo Stato, basandosi sulla Carta del Carnaro redatta da Alceste De Ambris, avrebbe creato uno stato basato su valori propugnati dal sindacalismo rivoluzionario e sotto certi aspetti vicini a quelli che si pensavano esser nati nella Russia dei Soviet.[senza fonte] D'altronde in quel periodo l'affermarsi del regime leninista in Unione Sovietica era avvertito negli strati della piccola borghesia e dei reduci militari in modo controverso: da una parte era forte la paura dei sovversivi; dall'altra era avvertibile un sentimento di interesse per qualcosa di nuovo che stava nascendo.
 
Il 12 settembre fu presentato il vessillo del nuovo Stato. Come atto di frattura la Reggenza fu il primo stato a riconoscere ufficialmente l'Unione Sovietica. Questo risultò per molti inaccettabile, causando la defezione di molti legionari fedeli alla monarchia, in particolare dei carabinieri. Si cominciò inoltre a fornire asilo a tutti coloro che erano costretti ad abbandonare il proprio paese per problemi politici.
 
Il nuovo Stato vide l'ingresso nel governo di personalità come Giovanni Host-Venturi, Maffeo Pantaleoni e Icilio Bacci.
 
Il presidente del Consiglio Nazionale Antonio Grossich espresse le proprie perplessità riguardo alla proclamazione dell'indipendenza.
 
Il Trattato di Rapallo
 
Per approfondire, vedi Trattato di Rapallo (1920).
 

Nel frattempo il 12 novembre 1920 sia l'Italia sia la Jugoslavia firmarono il Trattato di Rapallo, in cui si impegnarono a garantire e a rispettare l'indipendenza dello Stato libero di Fiume. Tutti i partiti politici italiani accolsero favorevolmente l'accordo stipulato. Anche Mussolini e De Ambris considerarono positivo il nuovo Trattato[16] Mussolini lo difese inoltre sul Popolo d'Italia cercando di convincere la propria recalcitrante base.
 
Pochi giorni dopo il generale Caviglia comunicò a D'Annunzio i dettagli del trattato di Rapallo. Il capo gabinetto De Ambris avvertì D'Annunzio del desiderio di pace espresso dalla popolazione e dagli amici in Italia:
 


« ...lo stato d'animo dei fiumani è in complesso per l'accettazione del Trattato di Rapallo. In Italia domina lo stesso sentimento anche negli amici più fedeli, i quali non lo dicono apertamente solo per non avere l'aria di abbandonarci. »
 


(Alceste De Ambris a D'Annunzio prima che quest'ultimo respingesse il Trattato di Rapallo)
 

D'Annunzio pochi giorni dopo decise di rifiutare il trattato. Seguirono alcuni giorni di frementi contatti ma, quando il Trattato di Rapallo fu ufficialmente approvato dal Regno d'Italia, il generale Caviglia si risolse a intimare l'ultimatum a D'Annunzio. Al rifiuto del Vate Fiume fu completamente circondata e, dopo 48 ore di tempo concesse per far evacuare i cittadini stranieri, il mattino della vigilia di Natale fu sferrato l'attacco.
 
Il Natale di sangue
 

 

Un primo attacco a Fiume fu sferrato la vigilia di Natale, che D'Annunzio battezzò come il Natale di sangue. Dopo una tregua di un giorno la battaglia ricominciò il 26 dicembre e, vista la resistenza dei legionari, verso mezzogiorno incominciò il bombardamento navale della città da parte della nave Andrea Doria, che proseguì fino al 27 dicembre. Vi furono alcune decine di morti da entrambe le parti nel corso degli scontri.
 
Il 28 dicembre D'Annunzio riunì il Consiglio nazionale e si decise ad accettare un incontro con gli emissari del governo italiano e ad accettare i termini del Trattato di Rapallo. Rassegnò conseguentemente le proprie dimissioni con una lettera fatta consegnare dal comandante dei legionari Giovanni Host-Venturi e dal sindaco Riccardo Gigante:
 


« Io rassegno nelle mani del Podestà e del Popolo di Fiume i poteri che mi furono conferiti il 12 settembre 1919 e quelli che il 9 settembre 1920 furono conferiti a me e al Collegio dei Rettori adunati in Governo Provvisorio. Io lascio il Popolo di Fiume arbitro unico della propria sorte, nella sua piena coscienza e nella sua piena volontà... Attendo che il popolo di Fiume mi chieda di uscire dalla città, dove non venni se non per la sua salute. Ne uscirò per la sua salute. E gli lascerò in custodia i miei morti, il mio dolore, la mia vittoria. »
 


(Dalla lettera scritta da D'Annunzio in cui rassegnava le dimissioni al generale Ferrario)
 

Il 31 dicembre 1920, al termine del Natale di sangue, vista la sconfitta, D'Annunzio firmò la resa e da quel momento ebbe vita lo Stato libero di Fiume.
 
Nel gennaio 1921 i legionari fiumani cominciarono ad abbandonare Fiume, mentre D'Annunzio partì per ultimo il 18 gennaio alla volta di Venezia.
 
Antonio Gramsci difese dalle colonne de L'Ordine Nuovo tanto D'Annunzio quanto la Legione di Fiume, mentre i dirigenti dei Fasci Italiani di Combattimento elaborarono una mozione di condanna per l'attacco a Fiume da parte dell'esercito regio, firmata all'unanimità con l'unica astensione di Benito Mussolini.
 
La conquista della città durò poco, ma il suo valore simbolico fu rilevantissimo. L’adesione di Mussolini al trattato (il quale, annullando i risultati dell’esperienza fiumana, cagionava un danno pesante all’immagine di D’Annunzio) causò l’indignazione del Vate e di molti degli stessi fascisti lontani dal centro direttivo di Milano, i quali manifestarono la propria contrarietà alla decisione degli organi centrali, scatenando un moto di protesta interno al partito e auspicando la successione del poeta abruzzese alla guida dei Fasci Italiani di Combattimento.[17]
 
Lo Stato libero di Fiume
 

Nell'anno 1921 si tennero le prime elezioni parlamentari, alle quali parteciparono gli autonomisti e i Blocchi Nazionali pro-italiani. Il Movimento Autonomista ricevette 6558 voti e i Blocchi Nazionali (Partito Nazionale Fascista, Partito Liberale e Partito Democratico) 3443 voti. Presidente divenne il capo del Movimento Autonomista, ossia Riccardo Zanella che intraprese una politica di allontanamento dall'Italia.
 
Con un colpo di mano, nel 1922, i Blocchi Nazionali presero il potere a Fiume e il governo legale scappò a Porto Re (Kraljevica) nel Regno di Jugoslavia.
 
Fiume verrà annessa a tutti gli effetti allo stato italiano solo nel 1924 dallo stesso Mussolini. Come nelle altre regioni annesse vi fu introdotta una politica di italianizzazione.
 
Riflessi politici
 
Si nota in molti ambiti il favore del Fascismo nei confronti dell'esperienza fiumana, a partire dall'assorbimento delle tecniche di comunicazione di massa adottate dal Comandante (così veniva chiamato D'Annunzio durante l'Impresa di Fiume) e il metodo per impostare il personale carisma furono utilizzate anche da Mussolini (ad esempio le adunate oceaniche e molti slogan).
 
Con la promulgazione delle leggi razziali del 1938, un articolo di esse prevedeva esplicitamente l'esclusione di ogni tipo di provvedimento contrario agli ex legionari fiumani.[18]
 
La popolarità di D'Annunzio al tempo era altissima, e non solo per la sua attività di letterato: lo stesso Lenin, contestando l'inattività dei socialisti italiani, definì D'Annunzio come uno degli uomini (insieme a Benito Mussolini e Filippo Tommaso Marinetti) in grado di realizzare la rivoluzione in Italia[19][20]
 
La complessità dell'esperienza fiumana altro non era che lo specchio della contestuale complessità del primo dopoguerra, un'epoca in cui nasceva un movimento atipico come il fascismo: un movimento nazionalista e socialista, non marxista, legato a doppio filo con il sindacalismo rivoluzionario (Vedi Sansepolcrismo e Fasci Italiani di Combattimento).
 
Roberto Vivarelli, storico socialista e docente di storia contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa, indica nell'Impresa di Fiume una svolta decisiva del processo di decadimento e di crisi dello Stato liberale: l'impresa contribuì a rendere pubblica ed esasperatamente chiara la realtà di uno Stato debole oberato da interessi di parte e spesso corrotto. In questo contesto Mussolini, appoggiò la sortita di D'Annunzio e né sfruttò il momento propizio. Mussolini comprendeva l'intuito di D'Annunzio: l'impresa era la grande occasione per restituire all'Italia quella unità che il patto di Londra le aveva sottratto.[21]
 
D'Annunzio cercò appoggio politico in diverse fazioni (rifiutando però di incontrare Antonio Gramsci): il suo limite fu però soprattutto quello di mostrare scarsità di vedute in campo militare, considerata l'efficienza che avrebbero potuto avere gli Arditi, corpo speciale di assaltatori, nell'eventuale difesa di Fiume. Lo svolgersi degli eventi storici lascia intendere come ci sarebbe stato bisogno di difensori di una buona caratura militare, che invece evidentemente mancarono.
 
Proficua fu per contro la collaborazione tra D'Annunzio e Alceste De Ambris per quanto riguarda la Carta del Carnaro. De Ambris nel carteggio conferma il proprio intento di essere a fianco di D'Annunzio sotto la bandiera della libertà, ma in opposizione alla reazione[22], nel tentativo di trasformare l'impresa di Fiume in un laboratorio rivoluzionario per far affermare in Italia uno Stato impostato sui principi del sindacalismo rivoluzionario. Tale impostazione fu appoggiata dai nazionalisti discendenti dall'ala repubblicano-socialista-irredentista, nonché dallo stesso Mussolini.
 
Il rapporto tra D'Annunzio e Mussolini fu complesso: dopo la richiesta di reperire fondi per la Libera Repubblica Fiumana tramite Il Popolo d'Italia, realizzata poi con successo da Mussolini stesso, D'Annunzio si indispettì per l'approvazione del trattato di Rapallo, ammonendo i legionari a non aderire al fascismo fino al famoso volo dell'Arcangelo, episodio interpretabile in varie maniere, ma in cui D'Annunzio rischiò comunque la vita.[senza fonte]
 
Non solo Benito Mussolini, ma anche Antonio Gramsci, dopo il Natale di sangue, il 6 gennaio 1921 su L'Ordine Nuovo, scrisse a difesa di D'Annunzio e dei legionari: "L'onorevole Giolitti in documenti che sono emanazione diretta del potere di Stato ha più di una volta, con estrema violenza, caratterizzato l'avventura fiumana. I legionari sono stati presentati come un'orda di briganti, gente senza arte né parte, assetata solo di soddisfare le passioni elementari della bestialità umana: la prepotenza, i quattrini, il possesso di molte donne. D'Annunzio, il capo dei legionari, è stato presentato come un pazzo, come un istrione, come un nemico della patria, come un seminatore di guerra civile, come un nemico di ogni legge umana e civile. Ai fini di governo, sono stati scatenati i sentimenti più intimi e profondi della coscienza collettiva: la santità della famiglia violata, il sangue fraterno sparso freddamente, la integrità e la libertà delle persone lasciate in balìa di una soldataglia folle di vino e di lussuria, la fanciullezza contaminata dalla più sfrenata libidine. Su questi motivi il governo è riuscito a ottenere un accordo quasi perfetto: l'opinione pubblica fu modellata con una plasticità senza precedenti."
 
Il quadro storico e, soprattutto, l'atmosfera dell'Impresa di Fiume sono rappresentati dagli articoli dei giornali del periodo: su tutte La Testa di Ferro, di Mario Carli, e i manifesti dell'associazione Yoga di Guido Keller. In questo frangente Mario Carli è un personaggio di grande interesse, in quanto interpreta il doppio ruolo di artista e politico: fra i firmatari del Manifesto del futurismo, capitano degli Arditi, simpatizzante dei Bolscevichi a Fiume, radicale e ortodosso nel pensiero.
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline Stendardo

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Pillole:

...faccio un pò di storiografia, salvo errori, da quel che ricordo e da appassionato della II GM.
Dunque, la squadriglia Mas in realtà nasce durante la prima guerra mondiale. Serviva un'unità dotata di mezzi navali piccoli e veloci, che potessero causare danni a grandi navi con veloci incursioni. Nacque così il Motoscafo Armato di Siluri, il MAS, appunto.
Nella II GM Il principe Valerio Borghese prese il comando della nuova flotta, E MAS significò Motoscafo Anti Sommergibile o qls del genere, ma in sostanza cambiò poco. Poi arrivò il D'annunzio che, da sborone qual era, li ribattezzò Memento Auder Semper (ricordati sempre di osare), ma l'acronimo in realtà non significava quello, ovviamente.
Gli diedero il nome di "decima" in ricordo della decima legione romana, che a quanto pare si rese famosa per il suo valore. Ma in realtà non esisteva nè la nona e nè la ottava.

Durante la II GM si rese nota per alcune azioni in effetti efficaci. I motoscafi erano dotati di due siluri, di cannoncini e mitragliatrici. Si avvicinavano senza essere visti, colpivano e poi si dileguavano.
Il problema arrivò ad un certo punto, mi pare nel 41 o giù di lì, cioè quando gli alleati montarono i primi prototipi di radar. In quel modo riuscivano e vederli anche da lontano e li facevano fuori come mosche.
E così la flottiglia MAS andò in crisi; poi si riorganizzò e si specializzò in incursioni di tipi diverso, cioè andavano di persona, con muta e bombe, a sabotare le navi nemiche.

Non ricordo come e perchè si adattarono anche ad azioni di terra, forse Standarte lo ricorda.
Dopo l'armistizio e con la RSI, la decima fu mandata a tentare di sgomberare le alpi dai partigiani, in particolare quelle piemontesi, questo perchè i tedeschi pensavano, dopo il D Day, che gli alletati potessero passare di lì per arrivare in Italia, e quindi ordinarono al Duce (ormai servo di Hitler) di mandare là delle truppe per preparare la difesa.
Perchè i tedeschi scelsero proprio la decima non lo so, probabilmente perchè era l'unità meglio armata, addestrata e più motivata. In pratica erano dei fanatici, via.  ^_^  ..Cmq la X MAs non riuscì a sgomberare le alpi dai partigiani.
Quanto fossero davvero addestrati non saprei, a naso io direi che lo erano meno dei nazisti, i quali davvero erano soldati di prim'ordine, pure se anche loro fanatici e per di più pazzoidi.  :cool:
A mio avviso quello che fece a suo modo "grande" la decima fu in primis il loro comandante, Junio Valerio Borghese; pochi lustri fa fu accusato di un tentativo di colpo di stato (il "golpe Borghese"), per ciò fuggì in svizzera (se non erro) e lì morì.

Che cosa fece poi, alla fine, di tanto straordinario io non lo ricordo bene, ma certo non è che conosca per filo e per segno ogni azione della X MAS. :dry:

Come nota a margine, quel che mi pare certo è che non è vero che furono "l'unica unità cui gli avversari riconobbero merito", vien da pensare agli alpini dell'ARMIR ad esempio, di cui si disse "...gli unici che possano considerarsi non vinti in terra di Russia". E già che ci siamo ricordiamo pure che agli alpini in ritirata in Russia, i civili russi offrivano pane e latte, ai tedeschi offrivano al massimo bastonate; si sa di diversi alpini che sposarono donne del posto, o che ritornarono là dopo la guerra, ma non si sa di alcun tedesco che abbia fatto altrettanto.

Ps.
...Questa è soltanto la storia secondo me.  ^_^  Accetto critiche ed eventuali.

La Decima Legio "Gemina" fu realmente esistita e fu la legione prediletta da Caio Giulio Cesare , in pratica , quando c'era da togliere le castagne dal fuoco o da risolvere situazioni disperate per Roma  , Cesare faceva sempre ricorso alla X° Gemina .
Anche l'Ottava Legio "Augusta" e la Nona Legio "Hispana" sono realmente esistite .
"Non ricordo come e perchè si adattarono anche ad azioni di terra, forse Standarte lo ricorda."
Dopo l'8 Settembre 1943 la Decima MAS si dedicò anche all'organizzazione militare terrestre al fine di poter recarsi al fronte e combattere gli anglo-americani secondo il seguente ordine :
 Comando Xª MAS Ufficio Stampa e propaganda
L'Ufficio Stampa e Propaganda fu costituito alla Spezia il 9 settembre 1943 e disciolto a Milano il 26 aprile 1945. Il responsabile fu il sottotenente di vascello Pasca Piredda. Servizi Propaganda: resp. capitano di corvetta Cocchia
 Stampa: resp. tenente Genta e tenente Zanfagna
 Radio: resp. capitano Bruno Spampanato
 Fotografia: resp. tenente Elio Luxardo
 Giornale ufficiale della Xª Mas: La Cambusa
Servizio Ausiliario Femminile (SAF)
Comandante : Ausiliaria Fede Arnaud- Costituito a Roma nel 1944 come centro assistenza per i feriti in afflusso dal fronte di Anzio, venne successivamente trasferito a La Spezia e poi a Sulzano per un corso d'addestramento. Un secondo corso venne tenuto a Grandola, ed un terzo a Col di Luna.
 Servizio Amministrativo
 Servizio Sanitario
 Servizio Approvvigionamento
 Servizio Genio Armi navali
 Servizio Polizia interna
 Servizio Informazioni
 Ufficio Assistenza
 
Reparti di terra successivamente raggruppati nella "Divisione Decima", su:
Battaglione "Maestrale" poi "Barbarigo"
Costituito nel novembre 1943 (C.C. Umberto Bardelli), si distinse in combattimento sul fronte di Anzio e nella difesa di Roma. Partecipò successivamente ai combattimenti contro i partigiani yugoslavi nelle zone del Bosco di Cansiglio, nel Goriziano e nella Selva di Tarnova. Nel marzo 1945 fu inquadrato nel 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima" .
 Battaglione "Lupo"
Costituito a La Spezia tra gennaio ed aprile 1944 (C.C. Corrado de Martino). Operò in funzione antipartigiana in Garfagnana, Lunigiana e Piemonte, prima di essere trasferito al fronte sulla linea del Senio come parte del 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 Battaglione Nuotatori-Paracadutisti (NP)
Costituito a La Spezia nell'ottobre 1943 (Cpt.G.N. Nino Buttazzoni). Inizialmente suddiviso in distaccamenti (1ª Cp. a difesa del Ministero della Marina a Montecchio Maggiore, 4ª Cp. in Val d'Intelvi, Cp."Ceccacci" a Treviso per addestramento sabotatori, Compagnia comando ad Asiago) partecipò poi ad azioni antipartigiane in Piemonte, ai combattimenti contro i partigiani yugoslavi in Friuli e Venezia Giulia, e Nel marzo 1945 fu inquadrato nel 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 Battaglione Bersaglieri "Fulmine"
Costituito a La Spezia nel marzo 1944 (Com. Corallo). Operò in funzione antipartigiana in Valle d'Aosta, Piemonte, Veneto e Friuli, distinguendosi in combattimento contro i partigiani yugoslavi nella Selva di Tarnova. Era parte del 2º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 Battaglione Guastatori Alpini "Valanga"
Costituito a Pavia nel Settembre 1943 con personale brevettato alla Scuola Guastatori del Genio di Banne (Cpt. Manlio Morelli). Il reparto si aggregò alla Xª nel marzo 1944, partecipando con il resto della divisione ai rastrellamenti nella zona di Ivrea per poi trasferirsi in Friuli nel goriziano e nella zona del Meduna, distinguendosi in combattimento contro le formazioni iugoslave. Era parte del 2º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 Battaglione "Sagittario"
Costituito a La Spezia nell'aprile 1944 (C,C, Bernardino Fumai), a partire dalla Compagnia autonoma "Mai Morti". Partecipò ai grandi rastrellamenti antipartigiani in Piemonte per poi trasferirsi in Friuli contro i partigiani iugoslavi nella zona di Salcano, distinguendosi nei combattimenti di Casale Nenzi. Era parte del 2º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima"
 3º Reggimento artiglieria di marina "Condottieri",
Costituito a partire dal febbraio 1944 a La Spezia (Magg. Guido Boriello)
su: Gruppo artiglieria "San Giorgio"
Il gruppo partecipò ai combattimenti sul fronte di Anzio, in supporto al Battaglione "Barbarigo", per poi operare nel settore Veneto e Friulano
 Gruppo artiglieria "da Giussano"
Il gruppo operò in supporto alle unità della Divisione contro gli iugoslavi, ed entrò successivamente a far parte del 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima".
 Gruppo artiglieria "Colleoni"
Il gruppo non divenne mai pienamente operativo
 Batteria contraerea leggera (20/65)
parte del 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima".
 
Battaglione del Genio "Freccia"
Costituito nel 1944 (C.C. Filippo di Bernardo) nel quadro della costituzione delle unità di supporto divisionali. Sostenne le attività dei reparti da combattimento contro i partigiani yugoslavi, ed entrò successivamente a far parte del 1º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima".
 Battaglione "Castagnacci"
costituito inizialmente come unità di guarnigione a protezione degli enti territoriali della Marina Repubblicana dislocati sul Lago Maggiore. Operò in funzione antipartigiana in Valdossola e Valle Strona, per poi venire assorbito nella "Divisione Decima" come Battaglione complementi. Entrò successivamente a far parte del 2º Gruppo di Combattimento della "Divisione Decima".
 
Reparti di terra autonomi: Gruppo d'ardimento "Medaglia d'Oro Giobbe"
costituito a La Spezia nel febbraio 1944, operò nell'addestramento del personale dei reparti speciali della Divisione prima al Lido di Camaiore, poi a Piacenza ed a Portese sul Garda ".
 Battaglione "Longobardo"
costituito nel giugno 1944 a Bordeaux (Francia) con personale in esubero di Betasom. Rientrò in Italia nell'agosto 1944".
 Battaglione "Pegaso"
costituito a Montecchio Maggiore nel gennaio 1945, operò come guarnigione delle locali sedi comando della Marina Repubblicana ".
 Battaglione "Risoluti"
costituito a Genova nel marzo 1944 su iniziativa del Capo di I Classe Felice Bottero, rimase fino alla fine inquadrato da soli sottufficiali con l'eccezione dell'ufficiale medico e di due tenenti dell'Esercito. Operò nella difesa costiera (comprese le batterie di Sturla, San Remo e Sampierdarena) e fornì rincalzi ai battaglioni "Lupo" e "Barbarigo" ed al Distaccamento "Milano".
 Battaglione "San Giusto"
costituito a Trieste nel dicembre 1944, rimanendo sempre parte della guarnigione della città.
 Battaglione "Scirè"
costituito ad Arona nel maggio 1944, a difesa della Scuola Mezzi d'Assalto di Superficie di Sesto Calende
 Battaglione "Serenissima"
costituito a Venezia nel febbraio 1944, con compiti di guarnigione. Una compagnia fu distaccata in supporto del battaglione "Valanga in Val Neduna e nella Selva di Tarnova
 Battaglione "Vega"
costituito a Montorfano nel maggio 1944 come unità di supporto ed addestamento per il battaglione "NP"
 Distaccamento "Umberto Cumero" (successivamente assorbito nel Distaccamento "Torino")
costituito a Torino nel marzo 1944, a difesa degli stabilimenti FIAT
 Distaccamento "Milano"
costituito a Milano nel giugno 1944 per la difesa del comando della Xª in Piazza Fiume, e successivamente rinforzato con una compagnia del Battaglione "Risoluti" e la Compagnia operativa "O"
 Distaccamento "Roma"
costituito a Roma nel 1944 per compiti amministrativi, servì da comando tappa per il Battaglione "Barbarigo" e da centro reclutamento.
 Distaccamento "Torino"
costituito a Torino nel giugno 1944 sulla forza di una Compagnia con compiti di guarnigione, assorbì successivamente il distaccamento "Umberto Cumero" ed altre unità fino ad assumere la consistenza di un Battaglione.
 Compagnia "Adriatica"
costituita a Ravenna, servì come guarnigione dell'isola di Cherso
 Compagnia "d'Annunzio"
costituita a Fiume nel maggio 1944 con compiti di guarnigione
 Compagnia "Mai Morti"
costituita a Trieste nell'ottobre 1943, venne successivamente trasferita a Novara e successivamente sciolta a La Spezia per motivi disciplinari.
 Compagnia operativa "O" (successivamente assorbita nel Distaccamento "Milano")
costituita a La Spezia nel luglio 1944 a difesa del comando della Xª. Quando il comando si trasferì a Milano, venne assorbita dal locale Distaccamento
 Compagnia "Sauro"
costituita a Pola con personale in esubero del 3º Reggimento "San Marco" della RSI per la protezione della locale Base Sommergibili CB
 Gruppo contraereo "Q"
costituito a Gavirate, servì inizialmente a difesa dello Stato Maggiore della Marina Repubblicana a Lonato e poi a difesa del comando della Xª a Milano .

Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius