Beh, avendo fatto una certa premessa, e cioè che sono stufa anch'io
del femminismo e dell'atteggiamento vittimistico di buona parte
del mondo femminile, non avrei mai pensato che poi una battuta
che mi era venuta in mente a questo proposito avrebbe scatenato
le ire del buttafuori! Vero è che non mi sono messa a spulciare
tutte le discussioni prima di intervenire, quindi non so se per voi
è abitudine ricevere commenti femminili di accuse misogine,
più che altro ho immaginato che una femminista non avrebbe
mai fatto capolino qui, per il semplice motivo che non ha interesse
a mettere in discussione il suo credo (almeno questa è la mia
esperienza).
P.s.: significa essere educanda aspettarsi un minimo di rispetto?
O vi mandate a quel paese allegramente tutti i giorni?
Mettete un cartello allora, così la gente lo sa prima.
Argomenti? Sì, vorrei discutere di un certo tipo di violenza femminile
che è quella basata sulla minaccia e sulla strumentalizzazione dei
figli durante una separazione. Mi è capitato (frequentando il tribunale
per un certo periodo) di assistere ad una scena davvero pesante, di
una donna che non accettava la separazione dal marito. Ecco, prima
di entrare in aula aveva garantito, tramite il suo legale, di accettare
la separazione consensuale, poi una volta arrivata davanti al giudice
ha iniziato a piangere, a disperarsi e a usare il figlio (di pochi anni)
per tentare di rimanere legata al marito, dicendo che il bambino
non faceva che angosciarsi quando il padre andava via, e infatti il giudice
ha negato la separazione consensuale e ha cercato anche di convincere
il marito che quella era la cosa migliore. Era la terza volta, e il marito era distrutto,
raccontava di queste scene ogni volta che si recava a casa a vedere il bambino
(che dunque assisteva anche ad una distruzione della figura paterna, oltre
ad essere angosciato dai pianti della madre), ed è stato terribile vedere l'uso
di questa violenza psicologica da parte della donna, che non solo
rappresentava il marito come un insensibile, per aver deciso di lasciare
la casa familiare, ma instillava in lui un continuo senso di colpa, e
faceva credere agli altri di essere una vittima della sua insensibilità.
Ora, al momento di una separazione esistono tanti tipi di violenza,
ma questa mi è sembrata altrettanto pesante, non permettere a
qualcuno di allontanarsi da te, costringerlo col ricatto morale e
con la minaccia del disappunto sociale. E il giudice, anche se uomo,
non ha mai, nemmeno per un secondo, valutato la situazione del marito,
ma che fosse al collasso era evidente, non riusciva nemmeno
a parlare in certi momenti, consumato dal ricatto.