Il frutto avvelenato del femminismo

Sul mio blog ricevo un commento anonimo così:

07-05_adamoeva_michelangelo-264x300Citazione

Prima cosa: un tema che gira gira sembra dare ragione sempre all’uomo…se una donna ha la lingua lunga…è giusto batterla; se una donna ti lascia e non ne ha il diritto visto che io uomo la “possiedo”, è mia, la rincorro, divento uno stalker, la pugnalo, la uccido…come al solito il pensiero maschilista prevale..la donna è un misero esserino che deve solo tacere e se apre la bocca è solo per fare cio’ che all’uomo fa piacere (tra le altre cose trovo la cosa citata da lei un po volgare visto che i suoi scritti vengono letti da chiunque…scivolare in mezzo a tanta intellettualità maschile con un epilogo del genere….) Guardi sono una donna quindi da misero esserino le dico:cambiate cultura, la donna è il vs fiore all’occhiello!


Il frutto avvelenato del femminismo è anzitutto questo: di contrapporre maschi e femmine in una guerra che li vede divisi da un confine invisibile di cui fino ad un momento prima ignoravano l’esistenza.
“Chi ti ha svelato che la donna è la tua nemica?” direbbe Dio aggirandosi in questo giardino-non-più-giardino ad un uomo e una donna imbarazzati dalla propria vergognosa inaudita nudità.
Perchè non c’è dubbio: ogni uomo ha passato i primi mesi o anni in totale simbiosi con una donna e la memoria di quella donna ha qualcosa in comune con la memoria del paradiso. Difficile negarlo, anche se per affermarlo dobbiamo scavare nell’antropologia o nella psicanalisi.
Della donna nell’età matura Leon Bloy, che era uno che se ne intendeva, scriveva: “le donne sono convinte che il loro sesso (in senso fisico, la vagina cioè) sia il paradiso. E hanno ragione”.
Difficilmente un qualunque uomo sano darebbe più credito ad un altro uomo rispetto a sua madre, alla sua innamorata o a sua figlia.
Tuttavia nell’era femminista e post femminista scopriamo la guerra dei sessi.
Scopriamo che ci è stata dichiarata guerra ma fatichiamo a capire che dobbiamo difenderci, che dobbiamo iniziare a parlare a nome nostro. È  un risveglio difficile, faticoso, ma necessario.
Tuttavia in questo risveglio dobbiamo imparare dalla storia: il modo giusto per reagire ai danni del frutto avvelenato non è quello di mangiarne ancora, non è quello di approfondire il fossato tra i sessi e di perfezionare il tiro delle artiglierie.
Ma il modo giusto non è neppure quello di ignorare il conflitto: come i tre giovani di cui parla Rino ai piedi della Grande Muraglia cinese, quando lui ascolta ammutolito le due amiche sfottere i maschi come genere e accreditare loro la responsabilità di tutto il male del mondo.
Ci deve essere un modo giusto per fermare la deriva, per costruire ponti e non trincee senza per questo ignorare il conflitto.
Non è facile perché è difficile trovare una alternativa tra il combattente e il collaborazionista.
Forse Adamo si sta ancora domandando cosa avrebbe dovuto rispondere quando Eva gli offrì la mela.