Questa settimana faremo la conoscenza con un esemplare di maschio involuto, il cosiddetto maschio zerbino .
Questa tipologia, tra le più malinconiche, esprime compiutamente il dramma della condizione maschile nel mondo occidentale odierno.
Essendo una specie protetta e, contrariamente ad altre, in forte espansione, ognuno di noi ne ha sicuramente incontrati molti di questa tipologia di “uomini”, se ancora di uomo si può parlare: infatti se l’uomo virile può essere metaforicamente accostato ad un leone, l’uomo zerbino somiglia molto più alla pelle di leone che serve come scendiletto della signora, un comodo tappetino, uno zerbino appunto.
Sottomesso completamente a qualsiasi donna, carica su di sé il peso di quella che ritiene essere una colpa imperdonabile, l’ essere maschio, e tutta la sua esistenza sarà volta ad espiare questa che lui ritiene una condizione intollerabile.
Per lui qualsiasi donna è un essere superiore da adorare, a prescindere dalle tare individuali della stessa.
Infatti l’uomo zerbino si prostra di fronte al femminile, e proclama l’improcrastinabile necessità di affidare qualsivoglia forma di potere alle donne, viste da lui come unica e sola salvezza del genere umano, minato nei secoli dalla vergognosa esistenza del proprio genere.
La più alta vetta raggiungibile dall’orrido maschio è quella del fuco, anche per interposta persona.
Anzi, in ultima analisi, lo zerbino è un maschio putativo.
Qualsiasi donna, sia essa la cacofonica Littizzetto, oppure l’ asperrima Bindi, per non parlare delle sguaiate estiche Femen, è una dea, il cui verbo è inconfutabile.
Essi si sentono, e per loro varrebbe per tutti i maschi del mondo, marchiati a fuoco dall’orribile cromosoma Y, una tara inescusabile ed irredimibile, che può essere attenuata solo da una vita di espiazione nei confronti della Dea donna, anche se questa viene incarnata nelle più improbabili e malriuscite delle rappresentazioni umane: