Non sono ancora passati 25 anni e sembra che siano passati dei secoli
25 anni fa, a metà degli anni ’90, eravamo tutti indaffarati a ballare la Macarena, per le strade di New York o nella Convention dei democratici, assieme a Hillary Clinton. A Tokyo e a Caracas. Anche a Roma. Tutti, bambini e anziani, uomini e donne, bianchi e neri, senza distinzione di razza né sesso. Quel ritmo contagioso spruzzava allegria e gioia, e ci faceva muovere spensieratamente in una comunione di intenti che rendeva il mondo e l’umanità più felici.
La Macarena ormai è un lieto ricordo. Da novembre è arrivato il nuovo inno dell’umanità, e ce l’ha regalato il femminismo: “Un violador en tu camino” (Uno stupratore sulla tua strada), anche se sarebbe più corretto denominarlo secondo il ritornello “lo stupratore sei tu”.
La canzone ha avuto un successo folgorante, le performance, nelle piazze e davanti ai più importanti monumenti, si sono succedute ovunque a Santiago, Bogotá, Madrid, Barcelona, París, Sydney, … nella versione originale in spagnolo, e in altre lingue, in francese, in inglese… Scommetto che per l’8 marzo staremo ballando anche qui in Italia “lo stupratore sei tu”. Universale successo.
Ma le analogie tra la Macarena e “lo stupratore sei tu” finiscono qui.
PRIMO: i partecipanti. L’inno femminista lo ballano solo le donne. E per ora donne giovani, molto giovani, ragazze, quelle che hanno avuto la grande fortuna di aver visto impiantare già dalla scuola il seme del conflitto (o dell’odio?) tra i sessi. Uno sguardo veloce tra i numerosi video a disposizione in Youtube, le immagini delle piazze affollate di danzatrici rivendicatrici nell’immensa piazza di Città di Messico o di Santiago tradiscono le loro giovani età. Femminismo di quarta ondata. Uomini per forza esclusi, secondo copione tipicamente femminista.
«Negli anni ’60 al grido di “noi, donne”, le femministe invocano un universo tutto femminile, promuovono l’esclusione degli uomini e incoraggiano la “sorellanza” in esclusiva.» (La grande menzogna del femminismo, p. 958; citazioni esempi pp. 970-971)
SECONDO: la forma. La Macarena era un ballo leggero, disinvolto e spesso eseguito in maniera caotica, libero da uniformi o simboli. L’inno femminista è effettuato in maniera organica e simbolica, richiama l’atteggiamento militare, occhi bendati, braccia alzate (tipico simbolo identitario di esclusione e ostilità). Addirittura in alcune performance sono proprio in formazione militare, in riga come un plotone.
«Il linguaggio militarizzato, avvolto in un’aura di guerra di liberazione, non lascia adito a false interpretazioni. Gli scritti femministi sono pervasi da metafore militari e concetti negativi e aggressivi quali dominio, stupro, autoritarismo, conquista, lotta, nemico, oppressore, combattimento, sottomissione, liberazione, misoginia, distruzione del patriarcato, asservimento, tirannia, schiavitù, ecc. Il pugno alzato (simbolizza la resistenza), raffigurato all’interno del classico simbolo femminile, è il loro simbolo. Sono latitanti i termini rappacificatori quali cooperazione, collaborazione, essere umano, servizio, comprensione, ascolto, umiltà, amore, ecc.» (La grande menzogna del femminismo, p. 1070; citazioni esempi pp. 1081-1082)
TERZO, le intenzioni. “Dai al tuo corpo allegria Macarena, che il tuo corpo è per darle allegria e cose buone”, e dopo aver ballato la Macarena avevamo tutti nel corpo allegria e cose buone.
“Lo stupratore sei tu”, “è femminicidio”, “è stupro”, “lo Stato oppressore è un maschio stupratore”, alla fine della performance l’inno femminista ha fatto incazzare tutti. Alle donne, che a forza di ripeterlo si sentono vittime di uno Stato oppressore che li stupra. Agli uomini che si sentono diffamare e accusare tutti in maniera generica di essere stupratori. Altro che cooperazione tra i sessi.
La domanda da farsi è: quanti stupri ha evitato questa performance? Quanti veri stupratori ha convinto a non stuprare? Questo inno, come le infinite campagne anti-maschili contro la violenza servono solo a colpevolizzare gli uomini e a vittimizzare le donne, a tutti gli effetti non servono ad altro che a esasperare il conflitto tra i sessi e ricavare sovvenzioni per associazioni femministe.
«Il femminismo consiste nell’accusa universale all’uomo, nella soppressione dei suoi bisogni e diritti, nella negazione della sua parità, nell’assoluta negazione di quella sofferenza maschile causata dalle donne.» (La grande menzogna del femminismo, p. 45)
QUARTO, le parole. Odio. Vorrei approfondire due punti.
a) “Lo Stato oppressore è un maschio stupratore”. Cinquanta anni dopo, ecco le parole della femminista storica Kate Millett né “La politica del sesso”. Domanda: se le forze repressive statali sono maschili perché le prigioni sono piene di maschi?
«Il fatto che le forze coercitive (esercito, polizia…) siano in mano agli uomini dimostra quanto la società sia patriarcale e opprima le donne (Millett), il fatto che queste forze colpiscano prevalentemente gli uomini, …» (La grande menzogna del femminismo, p. 1105; citazione di Kate Millett, p. 1140)
b) “Il patriarcato è un giudice / che ci giudica per essere nate / e la nostra punizione / è la violenza che non vedi”. Se la violenza non si vede l’argomento è incontrovertibile. Per forza hanno ragione, chi può negare l’esistenza della violenza “invisibile”.
«Il femminismo non è solo un’ideologia camaleontica, che a ogni smentita s’arroga il diritto di reinterpretarsi, ma le sue verità sono talmente evidenti da essere addirittura invisibili! La difficoltà di falsificare argomenti che, per definizione, sono invisibili, come ad esempio il “soffitto di cristallo”, è evidente. Il principio è quello di invocare una “realtà nascosta” non verificabile, “opaca”, che rende qualsiasi pretesa giusta, e qualsiasi conquista ingannevole, dilatando senza scadenza lo status di vittima, perché il sessismo è “invisibile”». (La grande menzogna del femminismo, p. 1108)
Alcuni esempi (citazioni e fonti sono riprodotte succinte e incomplete) tratti da “La grande menzogna del femminismo, pp 1142-1143:
«… la misoginia e l’odio per le donne è così diffuso da essere quasi invisibile» (Le donne e la pazzia); «…le forme larvate di disuguaglianza e contro il sessismo rampante…» (Storia delle Donne. Il Novecento); «La violenza invisibile. … opera nell’oscurità dei corpi”….» (Corriere della Sera, La violenza invisibile. Come parlarne?); «La prostituzione, la violenza carnale e la molestia sessuale alle bambine da parte degli uomini adulti sono così comuni da essere solitamente invisibili …» (Le donne e la pazzia); «… anche l’occhio più attento non si rende conto di quanto la discriminazione delle donne sia una costante dal primo giorno in cui si nasce femmina. …» (Corriere della Sera); «La violenza ancora invisibile» (El Mundo); «…il tetto di cristallo che per millenni ci ha impedito di arrivare nelle stanze del potere…» (Corriere della Sera); «… invisibile struttura …» (El Mundo); «…il valore della crescita femminile va difeso da alcune insidie, magari invisibili….» (Corriere della Sera); «Il pericolo della riscossa patriarcale è sempre in agguato, in forme spesso invisibili» (Storia femminile del mondo); «… Rimangono meccanismi invisibili …» (Historia de las mujeres en España y América Latina); [A proposito della campagna #MeToo] «Le attrici hanno reso visibile un sistema di dominazione che continua ad essere invisibile» (El Mundo)
L’8 marzo tutte le donne pronte a ballare.
L’8 marzo tutti gli uomini pronti a sopportare.